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A Cosenza (e non solo) si replica il “Cuddruriaddru” Day

A Cosenza (e non solo) si replica il “Cuddruriaddru” Day

“É quasi rutunnu ed é dorata,
si mangia a vijilia da ‘Mmaculata,
po essa certe vote d’uagliu ‘nzivatu
ma u sapuri delizia tuttu u palatu…
Senza nente é davero cosa beddra,
ma ccu l’alici diventa vecchiareddra!
Farina e patate ammassate a puntino,
a morte sua é ccu nu bicchiari i vino!
Crespelle, ciambelle,o atri numi strani,
ma cca si sbagli ti ciuncanu i mani…
Cumu u chiamano fora ti frichi d’iddri,
ma cca a Cusenza, su i CUDDRURIADDRI”
(di Alessandro Augeri)

Le festività natalizie in Calabria rappresentano un vero trionfo di specialità culinarie le cui ricette si perdono nella notte dei tempi. Deliziosi profumi inondano case e strade, portando quella tipica aria di convivialità che rende tutto più magico. Ma c’è un piatto che – dopo l’Immacolata Concezione – nel giorno che precede il Natale, è re indiscusso a Cosenza e provincia: u cuddruriaddru. Così buono da meritare perfino dei versi, il termine “cuddruriaddri” deriva dal greco κολλύρα, “collura”, usato nell’antichità per indicare vari tipi di pane: ciambelle, focacce o pane biscottato. A Cosenza la pronuncia locale è “cuddruriaddru”.

Per chi non è del posto la pronuncia può diventare un vero scioglilingua (e spesso oggetto di simpatiche prese in giro), soprattutto per via della doppia “ddru”, che ricorda il suono inglese di “drug”. Come accade con molte ricette tradizionali, esistono diverse varianti dei cuddruriaddri che cambiano da paese a paese. Le differenze riguardano il nome, i passaggi della preparazione, il tipo di farina utilizzato (00, 0, oppure semola di grano duro), la proporzione tra patate e farina (100%, 50% o assente in alcune zone), le dosi di lievito, i tempi di lievitazione e il modo in cui si formano i panetti. Naturalmente c’è chi ha trasformato la preparazione dei cuddruriaddri in un piccolo cavallo di battaglia, ma per chi desidera cimentarsi a casa, ecco una delle varianti più diffuse.

Ingredienti

  • 1 kg di farina “00”
  • 1 cubetto di lievito di birra
  • 500 g di patate della Sila IGP
  • 25/30 g di sale
  • acqua tiepida di cottura q.b.

Procedimento

Iniziate preparando le patate della Sila IGP, sbucciandole e pulendole prima di metterle a bollire. È possibile usare anche la pentola a pressione, cuocendole per 8/10 minuti. Dopo la cottura, lasciatele intiepidire e conservate l’acqua, perché servirà più avanti.

Disponete la farina a fontana in una ciotola capiente e, al centro, schiacciate le patate. Per semplificare l’operazione è utile uno schiacciapatate.

Sciogliete il lievito nell’acqua di cottura tiepida delle patate. Una volta sciolto, aggiungetelo al composto di farina e patate e iniziate a impastare: all’inizio l’impasto può risultare morbido e colloso, ma è del tutto normale. Continuate finché parte della farina non viene assorbita, poi aggiungete il sale e lavorate fino a ottenere una consistenza uniforme, pur rimanendo leggermente grezza.

Trasferite l’impasto su un piano infarinato e continuate a lavorarlo con energia. Se risulta ancora troppo appiccicoso, aggiungete un po’ di farina fino a ottenere una consistenza morbida, simile a quella degli gnocchi.

Formate un filone e dividetelo in pezzi da circa 90 g, modellandoli in palline ben chiuse per trattenere l’aria. Disponetele sul piano infarinato e lasciatele lievitare in un luogo caldo per 2-3 ore, finché non avranno raddoppiato il volume.

Scaldate l’olio in una padella profonda a fuoco medio (circa 160°). Prima della frittura, verificate la temperatura con un pezzetto di impasto. Prendete le palline, modellatele in ciambelle con un foro centrale e immergetele nell’olio, girandole durante la cottura. Quando assumono un colore dorato tendente all’arancione scuro, sono pronte.

A questo punto non resta che gustarle calde, magari accompagnate da un buon vino e dai salumi locali.

di Domenico Lo Duca (info@meravigliedicalabria.it)

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