Bova, dove si parla ancora la lingua di Omero

La Bovesìa, l’area grecofona calabrese, una delle tre minoranze linguistiche assieme a quella arberesh e occitana, conserva ancora un immenso patrimonio storico culturale. Sono ancora fortissime le tracce ellenofone come presenza linguistica e culturale. Qui la cultura ellenofona è ancora viva.
Bova è inserita nel circuito dei borghi più belli d’Italia per la sua bellezza e per il suo caratteristico centro, in cui è piacevole aggirarsi, ammirando il panorama e il mare all’orizzonte. Si possono visitare oltre a diverse chiese,due importanti Musei. Ad esempio c’è il MUSEO della Lingua Greco Calabra Gerhard Rohlfs”. «A Bova si parla ancora la lingua di Omero e le tradizioni rivivono nella Processione delle Palme e anche nella cucina di questo borgo dell’Area grecanica», dice Francesca Crea, Vice Presidente di Archeoclub d’Italia sede Area Integrata dello Stretto.
«La cultura ellenofona è ancora viva, nonostante la definitiva imposizione del rito latino fin dal 1572 da parte dell’Arcivescovo Cipriota Stauriano, con la conseguente caduta dell’ultima diocesi orientale, e Bova era, appunto, antica sede vescovile con rito Greco Bizantino. «Qui gli anziani parlano ancora il greco di Calabria e le tracce bizantine sono ancora presenti sia negli usi che nelle tradizioni popolari. Anche la cucina dell’area grecanica conserva la tradizione del cibo tipico e antico della comunità agro-pastorale locale e benché possa sembrare spartana, di montagna, in realtà è ricca di sapori esclusivi che si trovano, ad esempio, nella Lestopitta (focaccia o pitta sottile senza lievito, che viene fritta) o nella Musulupa: un formaggio fresco».




Le Pupazze di Bova
«Le Pupazze o Persefoni di Bova sono figure antropomorfe femminili realizzate con foglie di ulivo intrecciate (gli stecchi in dialetto) applicate sulle “stiddhe”: supporti di canne selvatiche infine decorate con nastri colorati, merletti, rami di mimosa, fiori, frutta e primizie di stagione come olive, fave, bergamotto, mandarini e le Musulupe. Queste figure antropomorfe femminili ricordano il mito greco di Persephone e Demetra e sono probabilmente legate ad antichi riti e miti precristiani di stampo magno-greco collegati al ciclo delle stagioni», chiosa Crea.



