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Caccuri: viaggio in cima al silenzio tra storia, torri e meraviglia

Caccuri: viaggio in cima al silenzio tra storia, torri e meraviglia

Nel cuore dell’altopiano calabrese, adagiato tra le curve morbide della valle del Neto e i profili lontani della Sila, si trova un luogo che sembra essersi smarrito nel tempo: il borgo di Caccuri.

Siamo sulla costa ionica, ma l’anima è tutta dell’entroterra: dura, vera, accogliente, come le mani dei contadini che per secoli hanno lavorato queste terre, coltivato ulivi e intrecciato storie.

Caccuri è uno di quei luoghi in cui si arriva quasi per caso, ma da cui è impossibile andare via senza portarsi via un pezzo di bellezza dentro.
Il suo nome è un mistero affascinante: potrebbe derivare dal greco Ka-kuri, “brucio-forza”, o da kakòs-ouròs, “difficile, cattivo”. Altri lo riconducono al latino Cacumen, che significa “cima, vetta”. Ed è proprio questo che si avverte arrivando fin qui: di trovarsi in alto, lontani da tutto, sospesi sopra il mondo.

Il borgo ha origini antiche, che affondano le radici nei secoli dell’Alto Medioevo. Quando l’Impero Bizantino dominava il Mediterraneo, Caccuri fu fortificata per controllare il passaggio lungo la valle del Neto, minacciata dai Longobardi.
E ancora oggi, il Castello domina l’intero paese, come un gigante di pietra che veglia sul tempo. La sua torre maestosa si staglia contro il cielo, affascinante e misteriosa, segno tangibile di una storia che resiste.

Ma non è solo la pietra a parlare. È il silenzio che racconta. Un silenzio pieno, mai vuoto, dove ogni passo sui vicoli lastricati sembra risvegliare un’eco antica. Le stradine si arrampicano in modo imprevedibile, si intrecciano, si aprono all’improvviso su scorci mozzafiato, tra case in pietra viva, balconi fioriti e panni stesi al sole.

La vita qui scorre lenta, scandita dal suono delle campane, dal vociare lieve degli anziani seduti in piazza, da una quotidianità che ha il sapore autentico della semplicità. In estate, l’aria si riempie del profumo dei fichi maturi, del pane appena sfornato, delle erbe aromatiche coltivate sui balconi.

E poi ci sono le chiese, piccoli scrigni d’arte che custodiscono la fede, la fatica e la bellezza del passato. Entrarvi è come attraversare una soglia invisibile: si viene accolti da silenzi sacri, da altari in legno intagliato, da tele che raccontano miracoli e devozioni popolari.

Camminare per Caccuri è come sfogliare un libro antico, rilegato dal tempo e scritto con l’inchiostro della memoria.
Ogni angolo è una pagina da leggere con lentezza, da accarezzare con lo sguardo, da respirare profondamente. Ogni muro conserva una voce, un segreto sussurrato da generazioni. Ogni pietra, ogni gradino, ogni portone spalancato è un invito gentile a entrare nella storia, quella vera, fatta di vite semplici, di gesti quotidiani, di silenzi pieni di significato.

Non servono grandi attrazioni, né luci abbaglianti o vetrine moderne. La meraviglia qui è sottile, delicata, nascosta nei dettagli. È il profumo dell’aria pulita che ti entra nei polmoni come un balsamo. È il tempo che si dilata e ti restituisce attimi che altrove sfuggono. È il suono delle campane che rompe il silenzio come un respiro antico, mai stanco.

È la bellezza del vivere lento, del sentire ogni passo, ogni respiro, ogni sguardo. A Caccuri non si corre, non si urla, non si cerca. A Caccuri si ascolta, si contempla, si trova. Si trova pace, si trova quiete, si trova un frammento di sé che credevamo perduto.

È un piccolo paradiso per l’anima, dove anche il cuore più stanco trova ristoro, e dove ogni visitatore, anche il più distratto, finisce per sentirsi a casa.

Chi arriva fin qui lo fa forse per cercare una pausa, un momento di tregua dalla corsa quotidiana. Ma Caccuri, con la sua bellezza silenziosa e la sua anima antica, dona molto di più: dona uno spazio per respirare davvero, con il petto pieno e il cuore sgombro. È un luogo dove il tempo rallenta, dove anche i pensieri si fanno più leggeri, dove ogni passo tra i vicoli ti riporta a ciò che sei, a ciò che eri, a ciò che avevi dimenticato.

Qui ci si riconnette con sé stessi, con la propria interiorità più autentica, ma anche con la storia, con ciò che ci ha preceduto e ci ha reso quello che siamo. Ogni pietra parla, ogni muro racconta, ogni silenzio accoglie.

Perché Caccuri non è solo un borgo da vedere.
È un borgo da attraversare con l’anima aperta.
È da ascoltare, nelle sue pause, nei suoi respiri, nelle sue ombre antiche.
E soprattutto, è da sentire. Con la pelle. Con gli occhi. Con il cuore.
Perché Caccuri non si guarda: si vive. E, una volta vissuto, non si dimentica più.

Curiosità: il Premio Letterario Caccuri

Da anni, a fine luglio e nei primi giorni di agosto, il borgo medievale ospita il prestigioso Premio Letterario Caccuri, appuntamento di saggistica nazionale organizzato dall’Accademia dei Caccuriani. L’iniziativa non si limita ai libri: il programma alterna conferenze, incontri con giornalisti, spettacoli, musica e percorsi enogastronomici. La serata finale, vede in ogni edizione, la premiazione della “Torre d’Argento” ai quattro finalisti della saggistica, scelti per la qualità e l’attualità dei loro saggi. Una rassegna che unisce cultura e paesaggio, rendendo Caccuri non solo un borgo da visitare, ma un luogo dove la parola diventa evento e il sapere diventa comunità.

di Rosa Oliverio (info@meravigliedicalabria.it)

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