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Il monastero di Santa Barbara a Mammola e la sua affascinante origine

Il monastero di Santa Barbara a Mammola e la sua affascinante origine

di Roberto De Santo

Una storia piena di fascino e tutta ancora da scoprire. Un ponte reale tra un passato remoto ed un’attualità antesignana di un futuro possibile. Il monastero di Santa Barbara a Mammola – collocato nel cuore del parco-museo di arte contemporanea Musafa – custodisce segreti sulle sue origini.
Sulla rupe che diede l’ultimo nome alla struttura religiosa – appunto Santa Barbara – alcuni documenti fanno riscontrare una chiesetta paleocristiana realizzata tra il 300 ed il 400 d.C.. Sarebbero stati proprio i primi seguaci del cristianesimo che, dopo l’editto di Milano del 313 d.C. (quello per intenderci che garantì la libertà di culto ai cristiani), avrebbero posto le basi di quella che poi divenne un vero e proprio monastero.

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Mammola

D’altronde il luogo dove sorgeva quella chiesetta caratterizzata da tre nicchi nella vallata del Torbido risultava essere fin dai tempi più remoti una importante via di collegamento stabile lungo l’asse che va dallo Jonio al Tirreno. E quella struttura domina quei luoghi conosciuti già dall’homo primigenius e dalle sue greggi. Proprio per l’importanza del luogo, i monaci bizantini dell’ordine basiliano eressero qui nel X secolo d.C. un proprio monastero. Traccia di questa storia è riscontrabile nel Catalogo generale dei Beni culturali che annovera questo sito come Monastero di San Fantino de Pretoriate datandolo appunto in quel periodo del medioevo calabrese.

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La riproposizione del monastero di San Fantino (Francesco Stilo)

Anche se, stando ad una ricerca effettuata da Francesco Stilo dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, si pongono interrogativi su questa tesi. «Il repertorio dei beni architettonici della provincia di Reggio Calabria [Balbo, Bianchi, Cervellini et al. 1993, p. 324] – scrive nel testo dal titolo “L’enigma del monastero di Santa Barbara. Tra storia e rappresentazione” – indica come altra designazione del cenobio quella di San Fantino del Pretoriate, o Proteriate, dalla denominazione che un tempo assumeva il fiume Torbido [Giustiniani 1816, p. 184], Proteriatum, che il Barrio fa coincidere con il Locanus menzionato da Plinio».

Sempre secondo quanto riscontrato dallo studio, emerge che il documento più antico che fa riferimento al monastero di San Fantino del Proteiate è un testo greco del 1139 in cui si fa cenno di un passaggio di proprietà di due appezzamenti di terreno del monastero.
Altro cenno del monastero compare in documento greco del 1194 [Trichera 1865, p. 322] in merito ad una disputa tra uomini di Grotteria ed il monastero certosino di San Stefano del Bosco, l’odierna Certosa di Serra San Bruno, in merito all’appropriazione di alcune rendite del convento di Mammola. Un documento importante perché chiarisce come in quel periodo il monastero di San Fantino era passato in mano alla Certosa e dunque fosse stato latinizzato.

Del monastero poi compaiono tracce in altri scritti del periodo Svevo del 1213 e del 1232, e poi un testo del 1324 cioè nel lasso di tempo di dominazione angioina. Un altro passaggio di mano del monastero si riscontra nel 1326 quando il complesso di San Fantino entra nelle dipendenze del vescovo di Gerace. Pochi anni dopo viene però declassato grangia del monastero di Arsafia di Stilo. Poi il silenzio documentale per secoli fino al 1645 quando quello che era stato il monastero basiliano diviene la chiesa di Santa Barbara.

Un passaggio di denominazione che si riscontra anche in un documento della Certosa di Serra San Bruno che chiarisce la continuità tra il monastero di San Fantino e la grangia di Santa Barbara. Quella che poi divenne grazie alla grande ispirazione dell’artista di fama internazionale Nik Spatari il cuore pulsante del suo progetto artistico. (foto: Silvana Franco; Web)

info@meravigliedicalabria.it  

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