Skip to main content
Notizie

La “Cotta”, il tesoro del gusto amato da Mia Martini

La “Cotta”, il tesoro del gusto amato da Mia Martini

Può una parola far sentire un profumo? Sto per dire “torrone”: hai sentito una ventata di mandorle? Hai sentito lo scrunch che fa sotto i denti? Hai visto pure Michael Bublé affacciarsi dalla cucina? Perché il cibo può portarti ovunque, anche alla tavola di Natale in piena estate.
Non c’è bisogno di aspettare albero e presepe per mangiarne uno: in Calabria i maestri torronai sono all’opera tutto l’anno perché “giù da noi” questa piccola magia che caramellizza a fuoco lento è una tradizione antichissima e di altissima qualità, basti pensare che è l’unico torrone in Italia ad aver ottenuto (nel 2014) il marchio IGP (in tutta Europa soltanto quello di Alicante vanta lo stesso riconoscimento).
Siamo a Bagnara Calabra, provincia di Reggio Calabria, un piccolo centro circondato da colline che si affacciano sul Tirreno. La colonna sonora sono le onde dello stretto di Messina che lambiscono le spiagge. E se la melodia avesse una voce sarebbe certamente quella di Mia Martini, nata proprio qui e innamorata del torrone. Me lo ha raccontato Maurizio Gramuglia, direttore del Consorzio di Tutela nato nel 2018 (ne fanno parte Carmelo Cardone, Vincenzo Cundari e Ferdinando Careri, il presidente), il primo consorzio di tutela italiano nel campo dolciario: «Nel periodo natalizio tutti a Bagnara vanno dai torronai di fiducia per chiedere la “cotta”, si tratta di una massa informe prelevata dal calderone, profumata e piena di miele. Sarebbe il torrone che alla fine prenderà la forma tipica, ma è la parte più deliziosa perché più ricca di profumi e mandorle. La portiamo a casa, la riscaldiamo nel forno e la mangiamo filante. Mimì tornava ogni Natale per gustarsi questa tradizione del torrone caldo».

Un dolce da re

Il torrone lo conosceva pure la Regina Margherita di Savoia che ne richiedeva una produzione ad hoc per i ricevimenti ufficiali al più antico torronificio di Bagnara. C’è una lettera datata 18 gennaio 1889 spedita al “nostro” Francesco Antonio Cardone dal Cavaliere d’Onore di Sua Maestà la Regina Margherita e accompagnata da una preziosa spilla di zaffiri che la Regina decise di inviargli come ringraziamento per i suoi dolci. Questo gioiello è ancora conservato tra i monili della famiglia di pasticceri. Fu poi Umberto I a conferire a Cardone la facoltà di innalzare lo stemma reale sulla sua fabbrica.

Insomma, un dolce da re. Ma la tradizione viene da molto più lontano, perché furono i monaci benedettini nel 1700 a importare dalla Spagna questo prodotto (che i cugini spagnoli avevano ereditato dagli arabi). Così, nell’abbazia normanna di Bagnara, si dedicarono alla lavorazione di un croccante, elaborando la ricetta che ancora oggi viene rispettata alla lettera. E la meraviglia e l’unicità del torrone di Bagnara risiedono proprio nella lavorazione: «Io ho provato a gestire il fuoco e l’ho bruciato in tre minuti», racconta Gramuglia. L’abilità sta nel cuocere ad altissime temperature: «I maestri torronaidice ancora Gramuglia modulano la fiamma e la rotazione della forma riuscendo a caramellizzare senza buciare. È un’operazione che richiede dai trenta a i sessanta minuti, dipende dal grado di umidità della massa: il calore, infatti, serve proprio ad eliminare l’acqua».

Martiniana e Torrefatto Glassato

Quando parliamo di torrone di Bagnara IGP ci riferiamo a due varianti: Martiniana, copertura con zucchero in grani, e Torrefatto glassato, copertura con una glassatura di cacao amaro. Adesso immaginiamo di dare un morso: saranno croccanti e friabili proprio per via della tostatura delle mandorle e dell’elevata temperatura a cui è sottoposta la massa zuccherina. Se fossimo dei sommelier dei torroni diremmo che la dolcezza in bocca è bilanciata proprio dalla nota tostata delle mandorle, la stessa che regala una sorta di sensazione “brulé” con retrogusto speziato, merito della cannella e dei chiodi di garofano. Forse chi ha inventato il detto sulle ciliegie, che una tira l’altra, non aveva ancora assaggiato i torroncini di Bagnara.

Non solo Torroncino

Da diverso tempo, ormai, la parola d’ordine è “destagionalizzare”, soprattutto perché chi arriva qui d’estate per trascorrere le vacanze difficilmente andrà via a mani vuote. È stata anche questa la spinta a rendere il torrone protagonista anche di altre preparazioni, come il gelato o le creme di cacao. Poi nella ristorazione succedono meraviglie. Un esempio? Gli involtini di pesce spada al torrone IGP di Bagnara che Lidia Bastianich portò a Masterchef America nel 2019. Alcuni chef, poi, lo utilizzano per la farcia dei ripieni insieme alla ricotta caprina, tanto per dirne una da acquolina in bocca.

Sul versante “ice”, invece, il gelato ha già ottenuto nel 2018 il premio come miglior gelato dell’anno in occasione del Sol&Agrifood al Vinitaly di Verona e adesso – piccolo spoiler – è alle battute finali (anzi, semifinali!) del Festival World Masters, il campionato che decreta il miglior gelato del pianeta.

Insomma, contro tutti quegli slogan che parlano spessa di “terra amara”, la Calabria si difende a colpi di torrone e parla al mondo con dolcezza. Da scartare e prendere a morsi.

di Rachele Grandinetti

info@meravigliedicalabria.it

Tag correlati
Condividi
Carrello0
Non ci sono prodotti
Continua a fare acquisti
Search
×