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Le gemme di San Donato di Ninea

Le gemme di San Donato di Ninea

San Donato di Ninea, in provincia di Cosenza, conosciuto dagli storici come l’antica città degli enotri, “Ninea”, con l’aggiunta del nome di “San Donato” nell’XI secolo. Sulla parte alta del borgo, nota come la “Motta”, città fortificata, svetta la maestosa Chiesa dell’Assunta.
Sapendo dell’esistenza di una prestigiosa chiesa, San Donato di Ninea, ho fatto di tutto per visitarla. Si tratta della Chiesa di San Donato nella frazione di Pantano.
Sono rimasta colpita dalla maestosità e dalla quantità delle immagini affrescate sulle pareti della chiesa.

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Sono stati raccolti alcuni dati sulla storia di questa chiesa, ma lo studio è ancora in corso. La chiesa esiste dall’XI secolo. Ad attestare ciò è la presenza del primo strato di pittura di quell’epoca. La chiesa, originariamente, era a navata unica. La seconda navata fu aggiunta a sinistra in epoca successiva, insieme alla piccola sacrestia, sempre sul lato sinistro.
Originariamente la chiesa era orientata dal lato opposto rispetto alla sua posizione attuale e probabilmente le entrate erano laterali. Dove oggi è posizionata la facciata principale è probabile che si trovasse l’abside semicircolare. Esistevano più finestre, chiuse nei secoli successivi.

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L’edificio originario era forse un monastero basiliano fino al XV secolo e successivamente fu latinizzato, in quanto da fonti documentali appare il nome di “abbazia”. Subì le trasformazioni che ha attualmente a partire dal XVIII secolo, rimaneggiato ulteriormente tra la fine del XIX e del XX secolo con il contributo di emigrati America. Sulla parete destra, dove attualmente è collocata un’altra porta, troneggiava una grande immagine di S. Donato, successiva al ciclo pittorico già esistente, al quale è stata intitolata la chiesa. Tale maestosa immagine è stata danneggiata proprio dall’apertura della porta stessa. L’immagine di San Donato si trovava tra il Cristo assiso in trono e la scena della dormizione della Vergine. Tale collocazione metteva in risalto la grandezza di questo santo, in quanto posizionato tra il Redentore e sua Madre.

Tre strati di pittura, a partire dal secolo XI

Al primo strato (XI secolo) appartengono i Santi Vescovi. Sono riconoscibili San Basilio e San Nicola (ho trovato una grande somiglianza con il dipinto di S. Nicola nella Chiesa dello Spedale di Scalea, come vedrete nelle mie foto). Al secondo strato (XII secolo) fanno parte il Cristo assiso in trono, un arcangelo e la scena della dormizione di Maria. Al terzo strato (XIII secolo) appartengono i Santi monaci dei quali è riconoscibile S. Leonardo per le catene. Era presente anche la Crocifissione sulla controfacciata ed è visibile sulla parete sinistra la Madonna Odighitria.
All’interno della sacrestia sono custoditi diversi sacchi con i frammenti di affreschi caduti e da ricomporre.
Ad aprirci la chiesa e a darci le prime indicazioni è stata la generosissima signora Rosina Cianni che ringrazio di cuore.
Le informazioni che ho scritto sono tratte da un approfondito articolo di Lorenzo Riccardi, scritto per una rivista mensile di cultura e arte, Calabria Letteraria, nel 2011.

La presenza di altri monasteri nella zona e le grotte

Da alcune fonti sono emerse informazioni sull’esistenza di altri monasteri nel territorio di San Donato di Ninea, ormai non più esistenti. Ci sono, inoltre, due grotte rupestri naturali adibite a luoghi di culto: la Grotta di San Michele Arcangelo e quella di San Vito.
La prima in realtà è composta di due grotte. Si trovano alle pendici di Cozzo Pellegrino a sud-est del massiccio della Mula. Non è facile capire l’origine di questo sito di culto, ma probabilmente fu luogo di sepoltura dei longobardi, popolo germanico che occupò diversi paesi nel cosentino, nemico dei bizantini e scacciati dai normanni. I longobardi veneravano San Michele,  il cui culto si diffuse nel V secolo sul Gargano. La prima grotta fu forse frequentata pure da eremiti (V – VII secolo), dove sono visibili due altari, rispettivamente con le raffigurazioni della Madonna con il Bambino e di S. Michele che sconfigge il demonio, databili, probabilmente, in periodo medievale la prima e tra i secoli XVIII – XIX la seconda. La seconda grotta, invece, fu frequentata in epoca preistorica.
La Grotta di San Vito era pure adibita, anticamente, a luogo di sepoltura. Anche qui esistono due altari. Il primo è sormontato da un affresco del XVII secolo raffigurante San Vito con in mano la palma del martirio. (Silvana Franco)

info@meravigliedicalabria.it

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