«Lo metto nel bucu du book»: così a Pizzo la cultura vince

«Lo metto nel bucu du book». L’espressione, che per una certa (equivoca) assonanza strappa un sorriso, forse a Pizzo Calabro (VV) potrebbe essere diventata proprio un modo di dire. Non è uno scherzo, ma il nome quanto mai originale dato a un’operazione culturale seria, civile e nata dal basso.
Bisogna capire da dove nasce U bucu du book. E perché idee semplici, e tutto sommato abbastanza diffuse nel resto del mondo, assumono in Calabria una connotazione diversa, diciamo più “efficace” dal punto di vista semantico. Questo può succedere se ad averle è un personaggio intelligente, curioso – e stravagante quanto basta – come Antonio Montesanti, lo scrittore, studioso, artista e bravo maestro ceramista di Vibo Valentia che ha fatto di antiche forme ceramiche piccoli capolavori dai colori accesi (ma questo è un bel capitolo a parte), e che è molto conosciuto per le sue battaglie civiche trattate sempre con serietà accademica, ma sempre associate alla giusta vena di ironia e provocazione.

A volerne ricordare solo un paio: ha smontato la narrazione secondo cui il toponimo di Porto Santa Venere, oggi Vibo Marina, deriverebbe da una leggenda, dimostrando che sia il nome antico (XII sec.) che il cambio ufficiale di denominazione (dopo il 1944) sono stati storicamente falsati sulle piattaforme web, compresa Wikipedia. E poi, in parallelo a questa operazione di verità storica, Montesanti ne sostiene un’altra sull’istituzione del Museo della Tonnara di Bivona.
Ma cosa succede a Pizzo? Bene, è qui – esattamente in via Marcello Salomone – che Montesanti ha scorto «una vecchia ed inutilizzabile cassetta del contatore del gas, un buco, appunto, nella muratura», e lo ha immaginato come un punto di scambio libri permanente. È così che nasce la storia de Il buco dei libri / bucu du book, un modello di book-sharing che oggi conta quasi quattromila volumi distribuiti.

Il nome, che accorda dialetto e funzione, è divenuto perfettamente distintivo. Sulla genesi di questa scelta, Montesanti spiega che il titolo è nato da «un gioco di parole ironico, suggerito da un amico» ed è subito diventato il marchio di un’operazione culturale.
«In pratica, nel Buco dei Libri chiunque può lasciare un libro che non usa più e prenderne un altro, gratis e liberamente. È un’idea di “book-crossing” spontaneo e partecipativo», e aggiunge: «Tutto ciò ha consentito la condivisione di migliaia di volumi in tre anni, trasformando “Il buco” in una piccola biblioteca di strada apprezzata da residenti e turisti, che scambiano volentieri libri editi in lingue diverse. Molti dei libri “scambiati” sono opere difficili da trovare — testi di autori calabresi, cataloghi di mostre, narrativa, teatro locale — cose che difficilmente si vedrebbero in biblioteche tradizionali».
Così un “difetto urbano” diventa metafora. Quel buco, un residuo fisico e visivo lasciato da un vecchio contatore dismesso, simboleggia la mancanza di un servizio culturale pubblico. E Montesanti lo ha trasformato nel suo opposto, un vuoto riempito del sapere che, attraverso il book-sharing, si autoalimenta e si diffonde. «Il buco ha dunque anche una valenza simbolica e sociale di promozione della cultura e della lettura», afferma Montesanti, che usa i suoi canali social per segnalare i titoli donati.


I risultati li ha misurati: dal 2021 a oggi (dicembre 2025), sono stati distribuiti gratuitamente 3.868 volumi. In quel «buco» non si scambiano testi qualunque, semmai mette in circolo testi non comuni, e ha persino veicolato uno scambio mirato di volumi dedicati all’autismo, in collaborazione con un’associazione vibonese.


Ma poi, perché tutto questo diventa positivamente provocatorio? Il motivo di fondo per cui bucu du book è nato viene anche dal fatto che a Pizzo non c’è ancora una biblioteca comunale attiva. Per questo la biblioteca di strada «è un esempio di come comunità locali possano promuovere la lettura e la cultura senza grandi risorse, basandosi su altruismo e consapevolezza civica».
E il bello è che di bucu du book ne sono fioriti altri, di cui si prendono cura i cittadini, sparsi tra i quartieri.
Libri al posto del gas. Rigenerazione, riuso, una insperata seconda opportunità per un buco nel muro, contro la sgrammaticatura della trascuratezza. E, per dirla con Montesanti, «Eccezionale, vero?»
di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)


