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Natalina teneva le fila. Il ponte rosso e le storie che curano

Natalina teneva le fila. Il ponte rosso e le storie che curano

Ho letto il primo libro del Dott. Giuseppe Femia tutto in un fiato, perché è così che va letto. Nella sua trama distopica ci porta in viaggio tra storie popolari, tramandate da madre in figlio, a quelle quotidiane dei suoi pazienti, che con le loro ferite vissute si mettono a nudo davanti al terapeuta, che spesso, viaggiando, nella loro psiche si guarda allo specchio. Allo stesso modo in cui si percepisce il legame tra Maria e Natalina, si scorge lo stesso fil rouge anche tra il terapeuta e i suoi pazienti. Un legame di cura e di accettazione che non può avvenire senza entrare nel buio di alcuni vissuti.
D’altronde per troppo tempo i pregiudizi hanno stigmatizzato non solo Natalina, e lo capirete leggendo la trama, ma anche la figura dello psicoterapeuta. Quasi come se essere fragili rappresentasse una colpa, una parte rotta da tenere nascosta sotto i nostri tappeti interiori. In questo gli orientali, con l’arte del kintsugi, sono stati più bravi di noi. Proprio la filosofia di questa arte rende gli oggetti rotti preziosi, riparati da una colata di oro che illumina le loro crepe e le mette in risalto, valorizzandole.

Un segno di rinascita in cui nessuno si sente sbagliato, ma solo umano nei suoi lati oscuri. Le ferite, le nostre compulsioni, le parti di cui ci vergogniamo sono in realtà le nostre parti uniche che ci permettono di evolvere, di essere ciò che siamo, e questo aspetto emerge alla perfezione dallo stile dello scrittore, che cura e trasforma il dolore, lo fa trasmutare con il potente strumento della scrittura e della psicoterapia.
Femia, intrecciando le trame insieme a Natalina, aiuta i lettori e fare lo Stesso con sé stessi.

È questo il filo magico di questo libro che rompe gli schemi per crearne di nuovi e aiuta a far pace in primis con noi stessi. Il personaggio di Maria per me resta il più forte. Una donna capace di vedere oltre esattamente come lo psicoterapeuta e di dare colore ad una storia grigia. Un dipinto fiabesco e reale insieme, incastonato alla perfezione anche grazie alla costruzione delle scenografie letterarie che guidano chi legge nella meraviglia di una terra piena di bellezza e di ferite, proprio come i personaggi messi in scena dell’autore.

Un libro, questo, che avvicina:
Le persone con sé stesse;
Lo psicoterapeuta con lo specchio dei suoi pazienti

E alla fine una madre con un figlio, uno dei legami più forti che ogni essere umano possa provare perché è da li che proveniamo. Dal quel grembo.
Un libro da leggere, da vivere, da camminarci dentro con grazia.
Con rispetto perché pieno di bellezza.

Il libro

Natalina teneva le fila. Il ponte rosso e le storie che curano

di Giuseppe Femia – Gruppo Albatros Il Filo

L’autore

Giuseppe Femia è nato in Calabria nel 1983. Psicologo e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, didatta (SPC – scuola di Psicoterapia Cognitiva), Socio SITCC – società italiana terapia cognitivo comportamentale, lavora e vive a Roma. Specializzato in psicodiagnostica e psicoterapia cognitivo/comportamentale, si occupa principalmente di attività clinica e di ricerca. Collabora con diverse testate divulgative e coltiva la passione per l’arte e la fotografia.

di Roberta Vitaro (info@meravigliedicalabria.it)

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