Opere d’arte confiscate in mostra alla Galleria Nazionale di Cosenza

Stati d’animo, tracce di storia, sentimenti e idee sono solo una parte di ciò che ogni artista affida agli altri. E se all’arte appartengono messaggi universali, c’è un valore evidente nel riportare al pubblico un patrimonio rimasto per anni fuori dalla fruizione collettiva. La Galleria Nazionale di Cosenza ha inaugurato ART, SAVE ME. La bellezza salva_ta, la mostra – promossa dalla Direzione regionale Musei nazionali Calabria guidata da Fabrizio Sudano – con ventotto lavori confiscati alla criminalità organizzata, acquisiti in via definitiva al patrimonio indisponibile dello Stato e oggi presenti nelle sale di Palazzo Arnone. È un’operazione che riguarda la tutela e la responsabilità pubblica e porta nel museo pezzi che per lungo tempo erano rimasti inaccessibili.


Le acquisizioni provengono da confische diverse e documentano una parte importante dell’arte italiana dal secondo Dopoguerra ai primi anni Duemila. Afro Basaldella, Giulio Turcato e Antonio Corpora rappresentano la linea storica collegata al Gruppo degli Otto, mentre Piero Dorazio si colloca nell’astrattismo italiano, Sandro Chia e Mimmo Paladino nella Transavanguardia ed Emilio Isgrò nei linguaggi concettuali.
Accanto a loro compaiono ricerche più recenti come quelle di Maurizio Savini – noto per le sculture in chewing gum – e di Francesco De Molfetta, insieme a Mirko Pagliacci, Pietro Consagra e al calabrese Cesare Berlingeri. Il loro arrivo amplia la sezione del Novecento già forte della raccolta grafica di Umberto Boccioni e dalla donazione della famiglia Bilotti.

La direttrice Rossana Baccari chiarisce il metodo seguito nel percorso curatoriale: «Abbiamo voluto mettere in relazione la storia delle opere con la storia delle nostre collezioni, quindi cercato proprio di farle dialogare cronologicamente anche come appartenenza, dividendo in qualche maniera gli artisti cosiddetti storicizzati dell’arte contemporanea fino ad arrivare anche ai contemporanei, cioè ai viventi, come per esempio Maurizio Savini e al tempo stesso Mimmo Paladino che è presente con un’opera molto recente».

I lavori derivano da due nuclei confiscati, tra cui quello riconducibile a Gennaro Mokbel, imprenditore romano coinvolto in vicende giudiziarie che negli anni hanno portato al sequestro di migliaia di pezzi d’arte acquisiti in modo illecito.
L’interesse della mostra riguarda il ritorno alla fruizione pubblica di lavori chiusi all’interno di quel tipo di circuiti privati. «Più che focalizzarci e focalizzare l’attenzione sulla storia della singola opera rispetto al singolo personaggio alla quale è stata confiscata – puntualizza Baccari – vorremmo in un altro momento indagare quali sono state le ragioni e le volontà di un collezionismo illegale che ancora non abbiamo compreso».
Nel percorso espositivo c’è anche Composizione con tranquillanti di Giulio Turcato, lavoro che appartiene al nucleo dei “Tranquillanti”, dove pastiglie vere sono inserite nella superficie pittorica come elementi materici e visivi.

«L’opera – continua la direttrice – un po’ rappresenta lo stato del contemporaneo, dalla seconda guerra mondiale ai giorni nostri. Questo lavoro di Turcato non avremmo mai potuto pensare che venisse realizzato in un momento diverso della storia e della storia dell’arte, se non nel Novecento. E anche oggi è sicuramente un’opera molto realistica, sono davvero delle pillole incastonate nella tela».
Colpisce anche un lavoro di Francesco De Molfetta realizzato con due banconote da 500 euro. Nel contesto così particolare dell’esposizione richiama il tema dell’ostentazione della ricchezza e della dimensione privata che aveva segnato la vita precedente di molti dei pezzi ora consegnati alla fruizione pubblica.


«Il valore economico delle opere esposte ovviamente è vario – spiega ancora Baccari – d’altronde il mercato dell’arte contemporanea è un mercato in divenire con delle oscillazioni spesso dovute alle mode, alle vicissitudini e alle particolarità delle opere. Poi ce ne sono alcune in particolare che hanno per noi un valore simbolico, proprio perché dialogano con quelle già presenti in galleria. Abbiamo voluto mettere in relazione gli esponenti dell’astrattismo con le donazioni della famiglia Bilotti, ma sono altrettanto interessanti le opere di stampo più grafico, perché avendo noi la collezione – forse la più ampia al mondo – di opere grafiche di Umberto Boccioni, è normale per noi che il gesto grafico dell’artista debba essere evidenziato».


Accanto all’esposizione, la Galleria ospita anche E lui che mi sorride, mostra a fumetti dedicata a Giancarlo Siani e realizzata dalla Fondazione Trame con la Direzione Regionale Musei Calabria. Il progetto ricostruisce attraverso il disegno il lavoro del giornalista napoletano ucciso dalla camorra nel 1985 e richiama l’attenzione civile che da tredici anni caratterizza il festival lametino.
di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)


