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Piccole perle dal Museo di Sibari: Orizia rapita dal dio del vento

Piccole perle dal Museo di Sibari: Orizia rapita dal dio del vento

I Parchi archeologici di Crotone e Sibari raccontano storie antiche, a volte curiose, stravaganti, spesso come fiabe minime. Lo fanno anche attraverso i social nella rubrica Occhio al passato isolando frammenti, dettagli che a volte danno il senso di un’intera civiltà.

Piccole perle che mettono il passato in movimento, con l’invito a soffermarsi sulla precisione del tratto di un artista o sulla potenza di un mito che ha solcato il Mediterraneo. È un altro sistema di conoscenza che passa dalla fruizione rapida dei social e dà spunti per approfondire, rimandando anche alla visione dei reperti in 3D.

L’ultimo racconto si sofferma su un pezzo pregiato della collezione: lo stamnos che narra il rapimento di Orizia. Una ceramica attica a figure rosse databile al 460 a.C. circa, proveniente da Trebisacce ed esposta Museo Archeologico Nazionale della Sibaritide.

«Il vaso, nato per contenere vino, finì per custodire una storia potente. Su questo stamnos attico a figure rosse, realizzato circa 2.500 anni fa, prende vita il mito di Orizia, la giovane principessa ateniese rapita da Borea, il dio del vento del nord. Siamo sulle rive dell’Ilisso: Orizia avanza verso il padre, Eretteo; si volta un attimo prima di essere afferrata. Borea irrompe alato, con la veste corta che svolazza e due piccole ali che spuntano dai talloni: è il momento esatto in cui il vento si fa figura e trascina la giovane verso la Tracia, dove nasceranno i gemelli Boreadi, Zete e Calaide.

Il pittore ha colto tutto con pochi tratti decisivi: il movimento dei capelli, la torsione del corpo di Orizia, il gesto impotente del padre. Lo stamnos proviene da una tomba femminile scoperta nel 1948 a Trebisacce, deposto come oggetto prezioso nel corredo della defunta. Vaso da simposio e simbolo di status, era arrivato dalla Grecia attraverso gli intensi scambi che univano Atene alla Magna Grecia. Un frammento di mito, viaggiatore del Mediterraneo, che continua ancora oggi a raccontare la sua storia».

(Da.Ma.) info@meravigliedicalabria.it

Foto By Sailko – creativecommons.org CC BY-SA 4.0

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