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Roghudi: il paese senza abitanti e il suo drago custode

Roghudi: il paese senza abitanti e il suo drago custode

Visitare Roghudi è perdersi in un luogo in cui il tempo è sospeso. Il vecchio borgo, suggestivo tassello della Calabria grecanica, oggi completamente disabitato, sorge su uno sperone roccioso al centro della fiumara dell’Amendolea. Il suo nome deriva infatti da rochùdios, che in greco antico significa dirupo.
La prossimità con il vuoto ha intriso di leggenda Roghudi, si dice infatti che in passato le mamme legassero alle caviglie dei loro bambini delle corde assicurate ai muri esterni delle case con grossi chiodi.

Aspromonte IMG 3461 - Meraviglie di Calabria - 2

Lo facevano per evitare che precipitassero nei dirupi, come in tempi remoti, purtroppo, pare sia accaduto. Fatti che si tramandano di generazione in generazione e alimentano le leggende. Gli abitanti più anziani raccontano che di notte si possono ancora sentire i lamenti delle anime di quei piccoli innocenti provenire da laggiù.
I meno suggestionabili potrebbero obiettare che si tratta del sibilo del vento che qui sempre agita le chiome degli alberi e muove le vecchie imposte di legno delle case vuote, interrompendo il silenzio totale in cui è immerso questo paese.

L’abbandono

I suoi abitanti lo abbandonarono in massa quando l’ennesima alluvione rese evidente la precarietà del borgo, costruito a 527 metri di altitudine, in una delle zone più piovose della Calabria. Tante volte avevano resistito alla furia dei temporali, tenacemente intenzionati a non lasciare le loro case nonostante i danni, i disagi, la paura. Nulla poterono più fare però, quando all’inizio del 1971 si abbatté su Roghudi una tempesta che provocò morti e dispersi e che rese le case inagibili e inaccessibili le strade.

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Con un’ordinanza il sindaco impose agli abitanti di abbandonare il borgo: un centro ricadente nel territorio di Melito Porto Salvo, a ben 40 km di distanza, venne ribattezzato “nuova” Roghudi e qui vennero ospitati gli sfollati. Non tutti però accettarono di trasferirsi, alcuni anziani, “irriducibili”, restarono a casa, nonostante l’ordinanza del sindaco. Fino alla notte del 29 dicembre del 1973, quando una violentissima alluvione mise in fuga anche loro.

Il paese fantasma meta affascinante

Oggi quel che resta della popolazione vive nel nuovo centro abitato, ma questo “paese fantasma” è una meta suggestiva all’interno di un itinerario lungo i sentieri dell’Aspromonte, tra boschi, gole profonde e torrenti di acqua limpida. Il fascino di questo borgo antico è proprio nell’eco del passato che riverbera tra i ruderi, lungo le strade, meta di turisti e appassionati di trekking ed escursioni.

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. La “Rocca del drago” a Roghudi

La vecchia Roghudi sembra restare in bilico sulle pendici del monte, a strapiombo sulla fiumara. Due formazioni geologiche amplificano la magia di questi luoghi. La “Rocca del drago” ricorda la testa di un animale mitologico e le “caldaie del latte”, sono delle rocce dalla forma sferica che – racconta la gente del posto – sarebbero servite a nutrire il drago, custode di un tesoro.

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Che si voglia o meno andare sulle tracce di questa suggestiva leggenda, una passeggiata intorno al vecchio paese ormai disabitato è un’esperienza consigliata. Ci si muove lungo stradine deserte, perdendosi lungo gli antichi sentieri della civiltà pastorale, godendo di una vista mozzafiato sull’Amendolea. Arrampicandosi fino al cuore del borgo tutto sussurra che un tempo qui c’era vita: come un museo all’aperto, che racconta l’intimità di questa piccola comunità costretta a fuggire e invita ad attraversare questi spazi con discrezione e rispetto, quasi a salvaguardare la sacralità di un luogo a cui dopo ogni tempesta, puntualmente la natura restituisce una bellezza fuori dal tempo e dallo spazio.

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Si possono visitare alcune case in cui gli arredi e gli oggetti sono rimasti al loro posto, testimoni di una quotidianità interrotta bruscamente. Le strade e le vinelle di questo borgo ellenofono mantengono intatte le loro peculiarità, si affacciano su scorci panoramici carichi di poesia. Ogni tanto può capitare di sentire delle voci, di incrociare un pastore col suo gregge o qualcuno che abitava qui e torna per ritrovare i suoi luoghi familiari. Parlano una lingua sconosciuta: è l’antico idioma greco, rimasto intatto nonostante i secoli.

info@meravigliedicalabria.it

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