Torrone di Bagnara Igp: è boom oltre i confini calabresi

Ognuno tira l’acqua al suo mulino, ogni scarrafone è bello ‘a mamma soja: potremmo dirlo in tanti modi ma, campanilismo a parte, è una grande verità affermare che la cucina italiana è il top della gastronomia mondiale. Poi, ovviamente, scendendo gerarchicamente, ciascuno di noi racconterà che le polpette della nonna sono insuperabili e come frigge mamma nessuno mai. Eppure, al di là del palato e del legame affettivo, i numeri parlano chiaro: secondo i dati dell’ultimo Rapporto Ismea-Qualivita, nel 2022 la Dop Economy italiana ha superato – tra cibo e vino – in valore i 20 miliardi di euro e il trend è in crescita. Nel comparto prodotti a base di carne, tanto per dirne una, la Calabria si posiziona decima, al giro di boa, insomma, e combatte a suon di Salsiccia Dop, Capocollo Dop, Pancetta Dop, Soppressata Dop per un fatturato del valore di 4,1 milioni di euro.
Ma non di sola carne vive l’uomo (non era così?j e nel mare magnum dei prodotti autoctoni a marchio DOP e IGP c’è sempre spazio per il dolce, quello che arriva prima del caffè. Quello che arriva ovunque, in realtà. Perché il Torrone di Bagnara IGP lo conoscono dappertutto. Merito di una tradizione centenaria che ha fatto di un piccolo dessert un vero patrimonio identitario. Ce lo ha raccontato Maurizio Gramuglia, direttore del Consorzio di Tutela nato nel 2018 (ne fanno parte Carmelo Cardone, Vincenzo Cundari e Ferdinando Careri, il presidente), il primo di tutela italiano nel campo dolciario.

𝗦𝗲 𝗱𝗼𝘃𝗲𝘀𝘀𝗶 𝗽𝗮𝗿𝗹𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗧𝗼𝗿𝗿𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗮𝗿𝗮 𝗜𝗚𝗣 𝗮 𝗰𝗵𝗶 𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝗱𝗮𝗹𝗹’𝗮𝗹𝘁𝗿𝗼 𝗰𝗮𝗽𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗺𝗼𝗻𝗱𝗼 𝗰𝗼𝗺𝗲 𝗹𝗼 𝗿𝗮𝗰𝗰𝗼𝗻𝘁𝗲𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶?
«Direi innanzitutto che Calabria è sinonimo anche di torrone, anzi: di torrone IGP, l’unico in Italia ad aver ottenuto un simile riconoscimento dall’UE. In questa piccola cittadina in provincia di Reggio Calabria, affacciata sul mare Tirreno, proprio all’imbocco dello Stretto di Scilla e Cariddi, c’è l’anima di un vero tesoro del gusto amato da due donne protagoniste in epoche diverse: la Regina Margherita di Savoia e l’indimenticabile Mia Martini, nata proprio a Bagnara. L’unicità del Torrone di Bagnara sta nella sua antica tecnica produttiva: la caldaia a fuoco per formare il “manto di monaco”; la cottura lenta per generare la rottura vitrea la cui formazione dipende dall’abilità del maestro torronaio che, di fatto, è considerato qui a Bagnara superiore all’arte del pasticciere; l’aggiunta di aromi naturali (cannella e essenze di agrumi) e mandorle tostate fino ad ottenere un composto omogeneo. Fino ad ottenere il Torrone di Bagnara».
𝗤𝘂𝗮𝗹𝗲 𝗿𝗶𝗰𝗼𝗿𝗱𝗼 𝗹𝗲𝗴𝗮 𝗠𝗶𝗮 𝗠𝗮𝗿𝘁𝗶𝗻𝗶 𝗮 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝘁𝗿𝗮𝗱𝗶𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲?
«Quando Mimì tornava nella sua amata terra, soprattutto a dicembre, si recava presso i torronifici per gustare la cotta, questa massa informe di miele e mandorle appena tolta dalla caldaia ricca dei profumi sprigionati da miele e spezie. Ancora oggi la gente di Bagnara chiede al torronificio di fiducia questa prelibatezza da portare a casa per riscaldarla e degustarla con un buon passito di Zibibbo prodotto nei nostri terrazzamenti collinari».
𝗖𝘂𝗿𝗶𝗼𝘀𝗶𝘁à: 𝗶 𝗯𝗮𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲𝘀𝗶 𝗺𝗮𝗻𝗴𝗶𝗮𝗻𝗼 𝘀𝗽𝗲𝘀𝘀𝗼 𝘁𝗼𝗿𝗿𝗼𝗻𝗲 𝗼 è 𝗽𝗶ù 𝗮𝘁𝘁𝗿𝗮𝘁𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗵𝗶 𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝗱𝗮 𝗳𝘂𝗼𝗿𝗶?
«I bagnaresi sono ghiotti di torrone e di altri dolci locali come il dito d’apostolo e il sospiro di monaca. È attrattivo anche per il forestiero che, però, lo apprezza soprattutto nel periodo invernale mentre il nostro torrone IGP, proprio perché caramellizzato, è ottimo in tutte le stagioni trasformato in gelato, in semifreddo, macinato a mo’ di granella su piatti salati: ogni ristorante di Bagnara, infatti, si mette in gioco creando accostamenti inconsueti che si rivelano vera panacea per il palato».
𝗖𝗵𝗲 𝗺𝗲𝗿𝗰𝗮𝘁𝗼 𝗵𝗮 𝗮𝗹 𝗱𝗶 𝗳𝘂𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗖𝗮𝗹𝗮𝗯𝗿𝗶𝗮 𝗶𝗹 𝗧𝗼𝗿𝗿𝗼𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗮𝗿𝗮?
«Per rispondere è necessario innanzitutto considerare che il Torrone di Bagnara IGP è solo parte di un assortimento più ampio di torroni e di dolci in generale il cui giro d’affari complessivo si aggira sui 3 milioni di euro. Sicuramente l’IGP fuori dai confini calabresi è l’apri ordine perché c’è il marchio europeo che offre garanzia di unicità».

𝐈𝐥 𝟐𝟎𝟐𝟑 𝐢𝐧 𝐧𝐮𝐦𝐞𝐫𝐢: 𝐬𝐢 è 𝐫𝐞𝐠𝐢𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐜𝐫𝐞𝐬𝐜𝐢𝐭𝐚 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐩𝐫𝐨𝐝𝐮𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐞𝐧𝐝𝐢𝐭𝐚?
«I dati sono in fase di elaborazione da parte dell’ente certificatore ma, dalle richieste pervenute dal Nord Italia, posso tranquillamente affermare che l’IGP è in continua crescita trascinando con sè l’intero assortimento delle aziende produttrici».
𝗜𝗻 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗼𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗖𝗼𝗻𝘀𝗼𝗿𝘇𝗶𝗼 𝗹𝗮𝘃𝗼𝗿𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗽𝗿𝗼𝗺𝘂𝗼𝘃𝗲𝗿𝗲 𝗶𝗹 𝗯𝗿𝗮𝗻𝗱?
«In questi primi anni stiamo lavorando sulla conoscenza del prodotto affinché il marchio “Torrone di Bagnare IGP” sia tra i Top Mind dei torroni. Per questa ragione partecipiamo alle fiere rivolte al consumatore per creare un feeling diretto. Continueremo con questa strategia del B2C anche nei prossimi anni allargando la nostra presenza nel Nord Italia e presentando delle varianti che possano anche destagionalizzare il prodotto. Sul B2C rivolto alle esportazioni occorre ancora lavorarci per realizzare un assortimento comune tra i consorziati».
𝗜 𝘁𝗿𝗲𝗻𝗶 𝗱𝗲𝗹 𝘁𝗼𝗿𝗿𝗼𝗻𝗲 𝗵𝗮𝗻𝗻𝗼 𝗮𝘃𝘂𝘁𝗼 𝘀𝘂𝗰𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗹𝗼 𝘀𝗰𝗼𝗿𝘀𝗼 𝗱𝗶𝗰𝗲𝗺𝗯𝗿𝗲?
«Molto successo! Erano stati programmati per l’8 e il 10 dicembre ma, viste le richieste, abbiamo dovuto aggiungere altre due date. Oltre alle tante presenze, abbiamo registrato grande soddisfazione da parte dei partecipanti per il programma ricco che l’Associazione Ferrovie in Calabria ha saputo organizzare».


𝗦𝘂𝗴𝗴𝗲𝗿𝗶𝘀𝗰𝗶𝗰𝗶 𝗹’𝗮𝗯𝗯𝗶𝗻𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗽𝗲𝗿𝗳𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗰𝗼𝗻 𝘂𝗻 𝘃𝗶𝗻𝗼 𝗱𝗼𝗹𝗰𝗲 𝗰𝗮𝗹𝗮𝗯𝗿𝗲𝘀𝗲
«Sicuramente il passito di Zibibbo della nostra Costa Viola o il Marsala Florio in ricordo della famiglia bagnarese che, arrivando a Palermo, diventò in poco tempo una delle più ricche e potenti d’Italia. C’è un legame indissolubile, infatti, tra loro e i dolci bagnaresi perché i Florio nascono come commercianti di spezie, ingredienti alla base dei nostri torroni, e la prima attività a Palermo fu proprio una speziera».
𝗜𝗻 𝗽𝗿𝗼𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗱𝗶 𝗲𝗻𝗼𝘁𝘂𝗿𝘀𝗶𝗺𝗼, 𝗰𝗵𝗶 𝘃𝗶𝗲𝗻𝗲 𝗮 𝗕𝗮𝗴𝗻𝗮𝗿𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝘃𝗶𝘀𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝘂𝗻𝗮 𝗳𝗮𝗯𝗯𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗲 𝗮𝘀𝘀𝗶𝘀𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗮𝗹 𝗽𝗿𝗼𝗰𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗱𝗶 𝗽𝗿𝗼𝗱𝘂𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲, 𝗰𝗼𝘀𝗮 𝗽𝘂ò 𝘃𝗶𝘀𝗶𝘁𝗮𝗿𝗲 𝗻𝗲𝗶 𝗱𝗶𝗻𝘁𝗼𝗿𝗻𝗶?
«Può visitare tanto: la Villa Repaci della Tonnara di Palmi, la chiesa barocca del Carmine di Bagnara, il borgo di Chianalea di Scilla, tutti luoghi facilmente raggiungibili a piedi perché vicini alle stazioni ferroviarie. Senza mancare la visita ai terrazzamenti millenari realizzati con muri a secco della nostra costa coltivati a Zibibbo».
E in certi casi, in Calabria, non servono marchi a garanzia di qualità per certificarne bellezza, magia, meraviglia. (Rachele Grandinetti)
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