VDA Award, la Visual artist calabrese Lorenza Liguori tra le 12 eccellenze

Tra le 12 eccellenze italiane chiamate a raccontare l’arte digitale in Italia per il VDA Award 2025, il primo premio italiano del settore, c’è l’artista calabrese Lorenza Liguori di Corigliano Calabro, con l’opera (video loop) Lo Sguardo che Guarisce.
VDA Award è il primo riconoscimento italiano interamente dedicato all’arte digitale. Tra le 12 eccellenze selezionate per questa edizione – individuate attraverso un’attenta analisi della produzione italiana degli ultimi 24 mesi – Lorenza Liguori è stata scelta da un comitato artistico d’eccezione composto da Cesare Biasini Selvaggi, Ivan Quaroni, Gemma Fantacci e Serena Tabacchi.
Un gruppo chiamato a leggere e selezionare dodici artisti e artiste che rappresentano il meglio dell’arte digitale italiana, mantenendo lo sguardo vigile su tendenze, innovazione, sperimentazione. Perché oggi non si parla più soltanto di “nativi digitali”, ma di “nativi intelligenza artificiale”, e l’arte – come linguaggio e come mezzo – è sempre più uno strumento critico per attraversare la realtà e riplasmarla.

Lorenza Liguori è Visual artist italiana che vive a Milano. Ha studiato Graphic Design presso la RUFA (Rome University of Fine Arts) e Visual Communication presso la Birmingham City University, nel Regno Unito. Ha lavorato come art director e graphic designer in diversi studi creativi e, proprio nella grafica 3D, ha trovato il modo ideale per rappresentare la propria estetica creativa e dare vita a un mondo astratto ma allo stesso tempo realistico. Nei suoi lavori, oggetti dalle forme spesso indefinite prendono vita in un universo immaginario, in cui i paesaggi diventano contesti per ospitare piccole creature provenienti da altri mondi. Negli ultimi anni ha iniziato a integrare nelle sue opere artistiche e commerciali anche l’uso di immagini generate con l’intelligenza artificiale che le consente di arricchire la fase creativa e ampliare le possibilità narrative e sperimentali del suo linguaggio visivo.



Lo sguardo che guarisce
L’opera digitale si presenta come un susseguirsi di sguardi: occhi fluttuanti in uno spazio etereo, sospesi tra il visibile e l’invisibile. Alcuni sono socchiusi, altri sbarrati, altri ancora colmi di lacrime liquide o trasfigurate in luce. Ogni occhio è unico, segnato da una o più ferite: tagli sottili come ricordi, screpolature come promesse infrante, bruciature lievi come nostalgie mai dette.
Le ferite non sono statiche: mutano nel tempo. Si aprono, si richiudono, si trasformano. Alcune si dissolvono, altre si ramificano come vene sotto pelle. È come se l’anima, invisibile ma presente, trovasse espressione attraverso quei dettagli. Le cicatrici diventano mappa emotiva, testimonianza di un viaggio interiore che non ha una fine chiara, ma un continuo divenire.
La luce, a tratti fredda e digitale, a tratti calda e palpabile, accompagna questo ciclo di trasformazione, suggerendo che anche il dolore, se accolto, può diventare forma d’arte. L’interazione visiva invita l’osservatore a specchiarsi negli occhi altrui, riconoscendo forse le proprie ferite, o almeno il coraggio di mostrarle.
Questa creazione non nasce dalla mano dell’uomo, ma da un dialogo profondo tra mente umana e intelligenza artificiale. È un’opera generata da un’intelligenza capace di interpretare l’emozione, la memoria, la sofferenza e la loro trasfigurazione estetica. Non sostituisce l’anima, ma la traduce in linguaggio visivo con un’intensità nuova.
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