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A cena con gli amari: i calabresi da portare a tavola

A cena con gli amari: i calabresi da portare a tavola

Tutto scorre e tutto cambia: basta prenderla con filosofia, a tavola e nella vita. È l’era della food revolution, un momento storico che ha visto cambiare radicalmente le nostre abitudini alimentari e l’approccio al cibo. È tutto più spettacolare, sofisticato, instagrammabile e, nel contempo, più “terra terra”, nel senso etimologico del termine. Perché anche i pluripremiati e stellati chef, alla fine, partono da materie prime semplici, le stesse di cui si nutrivano i contadini un centinaio di anni fa. Con la differenza che, un tempo, una carota finiva in forno con un filo d’olio e oggi, invece, è disidratata, scomposta, aromatizzata e deconcettualizzata, come minimo.
Siamo diventati un po’ gourmet, una stagione di Master Chef dietro l’altra. Soprattutto, siamo diventati più consapevoli rispetto a ciò che ingeriamo. Da qui, il trend del biologico, del chilometro zero, dell’orto di casa. Perché c’è un’attenzione diversa. All’impatto ambientale, ad esempio. La food revolution, infatti, è in primis una green revolution: verde come rispetto dell’ambiente, verde come scelta dei prodotti da portare in tavola.

Nuovi orizzonti del gusto

Dalle pratiche casalinghe all’alta cucina, si vira con decisione verso il mondo vegetale che porta con sé un vento di nuove percezioni e consistenze. Vuol dire che il nostro repertorio gustativo inizia a proiettarsi verso l’acido e l’amaro, lasciandosi un po’ alle spalle certe dolcezze rassicuranti ma ordinarie. Insomma: sì, osare e farlo nel segno dell’intensità. A piatti sempre più vegetali, come rispondono i calici? Si trasformano e bicchieri da amaro e da cocktail prendono il posto del vino. È la nuova frontiera del pairing, andare a cena con erbe aromatiche e prodotti da mixology. E non è il futuro della ristorazione: è già il presente. Basti pensare che Il Geranium di Copenhagen, il miglior ristorante del mondo, già da anni propone ai commensali, in abbinamento ai piatti, infusi e tisane che vedono protagoniste erbe selvatiche e aromatiche. Qualcuno storcerà il naso pensando di dover rinunciare ad un buon rosso davanti ad una grigliata di carne. Eppure, i nuovi orizzonti in fatto di abbinamento riservano sorprese bellissime. Dal fascino un po’ esotico, ma bellissime. Allora, cosa bere?

La ricetta dei monaci bizantini


Sei nel posto giusto: la Calabria è la terra degli amari tra i più premiati al mondo grazie al retaggio magnogreco che ci ha regalato un’eredità non solo enologica. Chi è passato da qui ha lasciato il segno: è così che i greci, i monaci bizantini e tutte le civiltà che si sono avvicendate nei secoli hanno dato forma ad una tradizione da podio quanto ad infusi, erbe e radici di piante officinali. Complici, la biodiversità del territorio e la predisposizione al lavoro artigianale. Sono circa cinquanta gli amari calabresi, così tanti che meriterebbero una carta dedicata al pari del menù. Ognuno ha una storia spesso legata a pizzini tramandati di generazione in generazione ma, soprattutto, ognuno ha un segreto che lo rende speciale. Come l’Amaro Bizantino, prodotto dalla ricetta segreta – non per l’azienda! – dei monaci bizantini che già utilizzavano le erbe spontanee per fini terapeutici o per integrare l’alimentazione delle comunità. È uno dei liquori di Perla di Calabria, l’azienda nata nella terra del Codex Purpureus. Le erbe sono di Rossano (CS) e, come per gli altri prodotti, non si fa uso di coloranti o conservanti: è tutto artigianale nel rispetto della genuinità dei sapori di una volta. Perla di Calabria schiera pure gli alleati della mixology per realizzare cocktail da abbinare ai piatti, come la crema di liquirizia, il liquore identitario realizzato con estratti della migliore liquirizia del mondo, e Mandarino Sibarita prodotto con il mandarino selvatico dell’antica Sybaris.

Le regole dell’abbinamento


Il pairing a tavola con gli amari, poi, risponde ad un altro numero: 0968. Sì, è il prefisso di Lamezia Terme (CZ) ma è pure il liquore a base di quattordici erbe nato dalla ricetta perduta e poi ritrovata della nonna del produttore. È un racconto di profumi e ricordi dal sorso è beverino che, però, lascia in bocca un finale amaricante di chiodi di garofano, finocchietto e anice stellato.
Non tutti gli amari sono congeniali a tutti i piatti, ça va sans dire, e anche stavolta, scendono in campo le regole di abbinamento che valgono per il vino e che si fondano su due principi: concordanza e contrasto. In questo caso, però, trattandosi già di una scelta audace, sarà più semplice puntare sulla concordanza e ciò vuol dire amaro con amaro, acido con acido.
Il pairing perfetto non esiste ma esiste un ideale a cui puntare ed è fatto di armonia. Significa che il beverage non deve sovrastare il cibo e viceversa. Anzi: l’obiettivo è fare in modo che uno sia al servizio dell’altro, nella reciproca esaltazione di profumi e sapori. Solo così possono costruire insieme un nuovo racconto, buono da mangiare. Il finale non lascia l’amaro in bocca, ma una bocca all’amaro. Sta lì l’armonia a tavola: ed è tutta un’altra musica. (Rachele Grandinetti)

info@meravigliedicalabria.it

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