A Sant’Agata del Bianco tra leggende e sculture

di Roberto De Santo
C’è un’antica leggenda che popola i boschi di Sant’Agata del Bianco. Nel piccolo borgo sulle pendici dell’Aspromonte in un tempo indefinito due sirene si sarebbero rifugiate per sfuggire a Poseidone. Il dio del mare era adirato con loro per aver salvato una bellissima fanciulla. Le sirene l’avevano nascosta a Poseidone che voleva rapirla. Così dopo aver risalito le correnti del fiume La Verde – che abbraccia i comuni di Bianco, Sant’Agata del Bianco, Casignana, Samo, Africo e Caraffa del Bianco – decisero di rifugiarsi nell’altopiano di Campolico. Qui esauste e convinte di essere finalmente al sicuro si fermarono per riposare, ma furono trasformate in pietra. Non morirono ma divennero testimoni del sacrificio tributato per gli umani.

Una leggenda che ha dato spunto all’opera di Vincenzo Baldissarro che ha realizzato la scultura “Le sirene dormienti” a Sant’Agata del Bianco. Un’artista autodidatta che ha una storia anch’essa affascinante. Nato da una famiglia di pastori, Vincenzo ha imparato i segreti dell’intaglio del legno dal padre capace di costruirsi da solo i propri attrezzi per lavorare la terra. Una qualità questa di Vincenzo che lo ha portato a traslare quella tecnica sulla roccia. Nel suo podere in contrada Iemallo, non lontano dal centro storico della cittadina reggina, Baldissarro ha creato diverse sculture che costituiscono il suo mondo. Opere uniche che fuoriescono dal genio naturale dell’artista direttamente dalla roccia.


Così oltre alle Sirene leggendarie, emergono come da incanto l’effige di un cavallo o di una figura femminile. Ed ancora un piede enorme di un gigante. Trasformando questo angolo della Calabria in un luogo magico. D’altronde Sant’Agata del Bianco è fonte d’ispirazione.


Il piccolissimo centro incastonato nel cuore dell’Aspromonte è animato da un progetto di rinascita che punta proprio alla cultura e all’arte per farne rivivere gli antichi splendori. Un progetto lanciato dal sindaco Domenico Stranieri riconfermato alle ultime elezioni e che ha portato altri artisti a concentrare la loro attività in questa cittadina che per questo è già stata ribattezzata come il borgo degli artisti.
Trasformando questa area dell’Aspromonte il laboratorio di resilienza o, per usare il termine coniato dall’antropologo Vito Teti, di restanza. (foto: Renato Mollica)
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