Calabria in forma: l’abc dei formaggi dop

Ci sono un silano, un crotonese e un tipo del Monte Poro. Sembrerebbe l’inizio di una barzelletta Made in Sud, invece c’è poco da ridere: i tre protagonisti sono i giganti della cultura casearia calabrese e, al massimo, possono far piangere dall’emozione, specie se dietro un grande formaggio trovi una grande composta di cipolle di Tropea. In Francia lo chiamano plateau de fromages, una selezione dei prodotti più pregiati e rappresentativi del territorio: difficile sedersi in un bistrot e non vedere arrivare un carrellino con a bordo piatti coperti da cupolette che, quando ne sollevi una, senti venir su l’odore della felicità.
Da noi si portano di più i taglieri e i formaggi non vengono serviti soltanto a fine pasto. In realtà, ogni momento è quello giusto. Basti pensare che il settore hospitality che punta sulla valorizzazione dell’autoctono serve pecorini con molta non-chalance pure di prima mattina. È il trend della colazione continentale ma con i sapori di casa nostra. Per dirla masticando marketing, dal local al glocal: le eccellenze locali nel mondo globale. Sono le chicche che fanno la gioia degli amanti delle colazioni salate: cacio e pere is the new eggs and bacon, insomma.


Contadini digitali dentro, analogici fuori
Immagini che rimandano ad un mondo contadino, quasi povero, verrebbe da pensare. Invece la pastorizia e, in generale, l’agricoltura rappresentano da sempre una miniera, e non solo per la nostra tavola. Perché quel mondo bucolico che, a volte, appare così lontano, non è semplicemente un fatto gastronomico: è, innanzitutto, un fatto culturale. Succede quando un prodotto è così radicato in un territorio da diventare un vero marcatore identitario. Per una manciata di anni abbiamo visto un progressivo abbandono temendo l’estinzione di certe tradizioni. Invece, c’è una nuova ondata di agricoltori, viticoltori e casari che sono tornati in campo – letteralmente – con un nuovo sguardo: generazioni Y e Z, digitali dentro ma analogici fuori, puntano tutto sulla terra e sull’autoctono. È così che cantine e fattorie finiscono tra le mete turistiche da queste parti: se assistere ad una cagliata era pane quotidiano per i nostri bis-nonni, oggi è un momento super-instagrammabile.


Caciocavallo silano
In realtà, la carta formaggi calabrese ha molte pagine da sfogliare tra spalmabili, croste lavate, erborinati e stagionati. Ma quando si studia si parte sempre da un ABC, quel minimo di grammatica che poi ti consentirà di masticare bene la materia. Il nostro alfabeto, allora, inizia con il Caciocavallo Silano DOP: prodotto in tutta l’area dell’altopiano, è realizzato usando caglio in pasta di vitello o capretto. È uno dei più antichi formaggi a pasta filata: già nel 400 a.C. parlava della sua produzione Ippocrate descrivendo l’arte usata dai greci proprio nel preparare il cacio. La morte sua è la piastra: griglia una fetta di caciocavallo non troppo spessa, disponi su pane appena tostato e sii felice.
Pecorino di Monte Poro

Con il pecorino del Monte Poro DOP, invece, rotoliamo verso la provincia di Vibo Valentia; prodotto con latte ovino, crudo e intero, esiste in tre diverse tipologie: fresco, semi-stagionato e stagionato. Il profumo è intenso e la degustazione non può che iniziare dall’olfatto: “respirare” il cibo prima di mangiarlo (un po’ come si fa con il vino prima di berlo) amplifica l’esperienza sensoriale. Respira il Monte Poro prima di masticare: ti porterà sulle vette più alte del gusto.
Pecorino crotonese

E poi il Pecorino Crotonese DOP, forse tra i più famosi del “cast”, uno di quei personaggi che storicamente fa da traino a tutto il comparto. È a pasta dura, semicotta, ed è prodotto nelle tipologie fresco, semiduro, stagionato e da grattugia esclusivamente con latte intero di pecora. Deciso, fiero, è un vero calabrese: porta sulla pelle – anzi, sulla crosta – i segni del canestro ma dentro non si lascia scalfire e regala note acidule, intense e lievemente piccanti.
Se percorri la Calabria da Nord a Sud capirai come ogni territorio ha un’anima che si esprime in “forme” – è il caso di dirlo – diverse. Colazione, aperitivo, antipasto, fine cena, non importa dove, non importa quando: “giù da noi” è sempre il momento per un cubetto di felicità. E allora sorridi. Anzi: “say cheese”.
di Rachele Grandinetti
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Foto di copertina Caciocavallo silano di caciocavallosilanodop