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Caprioli in Aspromonte, cosa fare (e non fare) se incontriamo un cucciolo

Caprioli in Aspromonte, cosa fare (e non fare) se incontriamo un cucciolo

Tra le montagne dell’Aspromonte può capitare, camminando nei boschi, di imbattersi in un cucciolo di capriolo immobile tra l’erba, solo e silenzioso. L’istinto è quello di avvicinarsi, magari per accarezzarlo o proteggerlo. Ma è proprio in quel momento che rischiamo di fare un danno. A spiegare bene perché, è Luca Lombardi, guida ufficiale del Parco Nazionale dell’Aspromonte, in un articolo pubblicato sul sito Guide Parco Aspromonte.

«I cuccioli nascono privi di odore corporeo e con un mantello maculato che li rende quasi invisibili», scrive Lombardi. «Le madri li lasciano soli per diverse ore al giorno, tornando solo per allattarli, al fine di non attirare predatori». Se interveniamo, anche con le migliori intenzioni, rischiamo di alterare questo equilibrio. «Il tuo odore potrebbe indurre la madre a non riconoscerli più», avverte. E in quel caso, le conseguenze possono essere fatali.

Oggi i caprioli sono tornati a popolare i boschi dell’Aspromonte grazie a un progetto di reintroduzione avviato tra il 2008 e il 2011 nell’ambito del Piano d’Azione Nazionale per il Capriolo italico (ISPRA) e dello studio condotto da D.R.E.Am. Italia su incarico del Parco Nazionale dell’Aspromonte. L’obiettivo era ricostituire una popolazione autosostenibile, partendo dal rilascio di 75 esemplari provenienti dalla Toscana, geneticamente riconducibili alla sottospecie italica, tipica del centro-sud Italia. Più piccoli e dal mantello più scuro rispetto al capriolo europeo, si sono adattati bene a un’area valutata come adatta per condizioni ambientali e disponibilità di habitat. Oggi la popolazione si è stabilizzata e ha raggiunto anche l’area delle Serre. «Il capriolo italico è un tesoro ritrovato dell’Aspromonte», sottolinea Lombardi.

Ma perché tutto questo è importante? Perché tutela e biodiversità non sono parole astratte. L’equilibrio naturale passa anche da questi animali. Se il capriolo è presente in numero adeguato, per esempio, il lupo può nutrirsi in modo più stabile, senza avvicinarsi agli allevamenti. «Un incremento delle popolazioni di cervidi riduce i casi di attacco al bestiame», scrive ancora Lombardi, chiarendo come il benessere della fauna selvatica possa favorire anche la convivenza con le attività umane.

Rispetto, attenzione e conoscenza sono gli strumenti per vivere davvero la montagna. E se durante un’escursione incontriamo un cucciolo, l’unica cosa giusta da fare è osservare da lontano e lasciare che sia la natura a fare quello che ancora, meravigliosamente, ci stupisce.

di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)

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