La Grotta di Trakina: scrigno di tesori antichi

Siamo a Palmi, località Pietrosa, dove si trova la casa dello scrittore Leonida Repaci, e precisamente a Trakina. Questo toponimo arriva da molto lontano nel tempo e deriverebbe dalla lingua fenicia il cui significato sarebbe “luogo dove viene salato il pesce” (nell’antichità era l’unico metodo di conservazione nei lunghi viaggi in mare), così riferitoci dal professor Serge Collet, etnologo della Maison des Sciences del ’homme di Parigi.
Il Movimento Culturale “San Fantino” che gestisce il Parco archeologico dei Tauriani, ha promosso, in passato, nel periodo estivo, visite guidate gratuite nel territorio e alla Città ed anche alle grotte di Palmi, sia a TraKina che a Pignarelle, allora sconosciute agli stessi palmesi, che parteciparono in massa.




La grotta di Trakina è situata a poche decine di metri dalla costa tirrenica, di fronte le isole Eolie, si configura come una vasta cavità naturale, molto irregolare nella forma, con due ingressi a nord e a sud. La grotta si apre nel banco roccioso di granito 2 che sembrerebbe abbia subito l’azione erosiva delle onde del mare, sebbene diverse e sconosciute vicende di carattere geologico possono aver contribuito, in età remota, ad un avanzamento della costa con il conseguente interramento della cavità.

L’interno presenta la volta rocciosa che, talvolta, raggiunge i 4 -5 metri di altezza. Verso est si restringe a formare una specie di inghiottitoio, oltre il quale, separato da un grosso masso, vi è un’altra cavità non ancora esplorata7. Affioramenti di ceramica di superficie sono presenti un po’ dovunque: sono stati infatti raccolti alcuni frammenti di ceramica ad impasto pertinenti a forme carenate databili tra il 2.500-2.000 e il 1.500 a.C. e uno scarto di lavorazione di uno strumento litico con evidenti scheggiature, databile anch’esso allo stesso periodo. Oltre questi frammenti, che attesterebbero la frequentazione del sito in età preistorica, sono stati individuati anche alcuni reperti ceramici di età post-classica che testimonierebbero il riutilizzo della grotta in età medievale.

Un particolare molto interessante è costituito dalla presenza di un consistente deposito di ossa animali stratificato al di sotto della parete est della grotta. La campionatura raccolta ha permesso di riconoscere alcuni frammenti pertinenti a ossa lunghe probabilmente di orsi, con evidenti tracce di calcificazione che potrebbero far propendere per una datazione contemporanea a quella della ceramica ad impasto.

Attraverso un viottolo che costeggia la parete Sud della grotta, si sale ad un piano superiore dove si apre un largo ricavato davanti ad un’altra cavità,8/9 che ha una vista panoramica sul mare abbastanza ampia tanto da vedere lo stretto, la Sicilia, le Isole Eolie ed a Nord Capo Vaticano. Essa si presenta di più piccole proporzioni, con una specie di impluvium al centro del tetto. Questa grotta doveva fare parte sicuramente del complesso di grotte sottostanti, la cui posizione panoramica ci induce a pensare che potesse avere una funzione di avvistamento.
Lo scavo archeologico

La dottoressa Rossella Agostino, della Soprintendenza di Reggio Calabria, ha incaricato l’Istituto Italiano di Archeologia di Preistoria e Protostoria di Genova, con il suo più importante archeologo, il professor Santo Tinè che fa parte anche della “Società Archeologica di Atene”, ad effettuare uno scavo stratigrafico, all’interno della grotta, dove sono stati accertati resti relativi ad una fase medievale riconducibile al XII sec. d.C.. Inoltre vi sono riscontri di una fase di età classica, (greco arcaica e romana) ed infine, la fase più antica dello scavo archeologico, dove sono emerse strutture murarie con annessa massicciata in pietra, forse di un altare sacrificale di età preistorica riconducibile all’era del Bronzo antico, compresa tra il XIX e XVI sec. a.C. Scrive ancora il professor Tinè: «Questi ritrovamenti, che fanno pensare anche ad un uso cultuale della grotta, la pongono tra i siti più interessanti rispetto a quanto noto per le altre cavità conosciute in Italia». Ma l’importanza di questo luogo, dichiara ancora il professor Tinè, è rappresentata dal ritrovamento di un frammento di vaso importato dalla Grecia meso-elladica.

Si tratta di una documentazione unica in Italia che attesta i più antichi rapporti di scambio diretto tra l’ambiente egeo e il nostro territorio, che precedono di due secoli quelli documentati dalle più antiche ceramiche micenee, rinvenute nelle vicine isole Eolie. Questo reperto è esposto al museo della Magna Grecia di Reggio Calabria, dove si trova anche il “Tesoro di Palmi”10 rinvenuto nel pianoro prospiciente alla grotta di Trachina, si tratta di oggetti in argento, databili agli anni 100/70 a.C., forse appartenuto ad una donna, di Tauriana? Di cui si è individuato anche il nome “Pola Laberia”, e potrebbe essere stato accumulato durante la Terza Guerra Servile (la rivolta di Spartacus). (Domenico Bagalà)
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