L’antichissimo cenobio di San Martino di Giove, tomba dell’abate Gioacchino da Fiore (FOTO)

Il 30 marzo del 1202 moriva l’Abate Gioacchino da Fiore, dopo un periodo di malattia, e seppellito nella Chiesa di San Martino di Giove, o Grancia di San Martino, situata in località Canale, a pochi chilometri da Pietrafitta, rimanendoci fino al 1224, anno in cui i resti mortali furono traslati a San Giovanni in Fiore, nell’Abbazia Florense.

Il sito è senza dubbio uno dei luoghi più significativi della Calabria medievale, tanto importante quanto sconosciuto, benché restaurato da “poco”. Il complesso monastico è un raro esempio di architettura altomedioevale calabrese concepita e fondata probabilmente dai Longobardi, nel VI secolo. Essa di sicuro fu la dimora di Sant’Ilarione e di altri 28 monaci calabro-greci, prima che questi nel 986 si trasferissero nel Sannio per evangelizzare l’Abruzzo, dove fondarono diversi centri abitati, spinti a lasciare la Calabria divenuta terra insicura a causa delle ripetute scorrerie saracene.
L’edificio fu ridotto a rudere dal disastroso terremoto del 1184. Nel 1198 i florensi cominciarono ad acquisire dei territori in località Canale e nel 1200 Andrea, arcivescovo di Cosenza, concesse loro anche la chiesa in stato di rovina. La chiesa e il tenimento nel 1570 passò ai cistercensi che la trasformarono in grancia: nel 1593 l’abate cistercense Panunzio, durante l’esecuzione di lavori di restauro, trovò all’esterno della chiesa il sepolcro del beato Ubertino D’Otranto, morto nel 778, confermando la presenza di questo luogo di culto già in quel secolo.
Nel 1765 passo in mano alla famiglia De Martino di Napoli e poi ai Marini Serra di Dipignano, che la stravolsero modificandola in una casa coloniale. L’edificio a causa dei terremoti e dell’incuria andò in decadenza rasentando il crollo.
In questo stato di drammatica fatiscenza, fu trasformato nel tempo in deposito e stalla, ma nel 2014 veniva acquisita dal Comune di Pietrafitta e, dopo un perfetto restauro, che ha permesso di individuare le murature della struttura originaria, la chiesa è stata resa fruibile a tutti: la navata è stata riaperta nella sua interezza e la copertura ripristinata con capriate a vista, così come la piccola cappella laterale e l’annesso locale che fungeva da abitazione.



Dal profilo Facebook dell’Associazione culturale Mistery Hunters