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L’essenza del tempo, piccolo viaggio tra le etichette di vino calabrese

L’essenza del tempo, piccolo viaggio tra le etichette di vino calabrese

Realizzare oggi l’etichetta di un vino è un atto di creatività, di tecnica e strategia. Ogni dettaglio, dalla scelta dei colori al tipo di carta, concorre a costruire un racconto. L’etichetta diventa così non solo una sorta di biglietto da visita, ma un vero e proprio vestito che serve a stabilire una connessione emotiva con chi la osserva o la sceglie. Nel mercato globale, dove la riconoscibilità è parte dell’identità del marchio, l’etichetta è in effetti il primo segno attraverso cui il vino inizia a parlare di sé.

Guardando le etichette esposte nella mostra “L’essenza del tempo” si prova una certa tenerezza, perché quelle bottiglie raccontano un’altra epoca. Ogni disegno, ogni carattere tipografico o colore svela un mondo in cui il vino era storia di famiglia e di paese, non ancora prodotto di marketing o di brand. Quelle etichette nascono dentro una Calabria artigianale, legata ai cicli del lavoro e alle piccole cantine che producevano per la comunità.

Da questa idea prende ha preso vita nell’ottobre scorso la mostra curata dall’Associazione Calabria Wild Wine, un percorso dedicato alle bottiglie calabresi dagli anni Cinquanta agli anni Novanta, allestita negli spazi dell’Enoteca Culturale dell’Altafiumara Resort in occasione di Calabria Wine Expo, il primo salone dedicato alle eccellenze vitivinicole regionali che ha riunito oltre 40 cantine indipendenti associate FIVI (Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti). Calabria Wild Wine ha esposto sessantuno bottiglie provenienti da tutte le province della regione hanno disegnato un itinerario che ha raccontato storie del vino e della sua rappresentazione.

Un bel viaggio nel mondo enologico calabrese che, se oggi si è meravigliosamente evoluto, è tornato in parte anche alle origini dei suoi vitigni più antichi. Quelle vecchie etichette e la forma delle bottiglie stesse, raccontano tante voci diverse, come la prima annata del 1967 della Cooperativa Agricola Calabro-Ionico Bianchese (C.A.C.I.B.), che produceva i pregiati Greco di Bianco e Mantonico, o la bottiglia delle Tenute Massara di Limbadi, racchiusa nel suo cesto di castagno intrecciato, memoria del lavoro manuale e delle spedizioni oltreconfine. Poi il “Pellaro” del 1974 del Dottor Postorino, reso celebre da Mario Soldati nel suo Vino al vino, e una preziosa bottiglia di Zibibbo di Cirella del 1975, che testimonia una vinificazione ormai quasi scomparsa. E, ancora, le etichette storiche del Savuto, dell’Esaro, di Melissa e del Cirotano, tasselli di una mappa produttiva che dipinge la complessità del paesaggio vitivinicolo calabrese.

Accanto alla collezione è stato realizzato anche un percorso sensoriale che ha avvicinato il pubblico al vino attraverso esperienze visive e olfattive. In uno spazio dedicato, ha potuto riconoscere aromi, materiali e essenze legate al mondo enologico, scoprendo quanto la conoscenza del vino passi anche dai sensi.

Come racconta Vittorio Porpiglia, presidente di Calabria Wild Wine, «L’idea di creare la nostra associazione è nata dal desiderio di salvare non solo i vitigni antichi ma anche la memoria materiale del vino calabrese. Ogni bottiglia che abbiamo scelto di collezionare, e che continuiamo a cercare, restituisce la voce di chi ha lavorato la terra, di chi ha immaginato un’etichetta, di chi ha costruito, passo dopo passo, l’identità di questa regione».

L’associazione, fondata da Vittorio Porpiglia, Giuseppe Ribuffo e Mattias Mercurio, opera come centro di ricerca e divulgazione dedicato alla tutela dei vitigni storici calabresi. Nei campi di salvataggio di San Roberto e di San Marco Argentano vengono conservate decine di biotipi raccolti nei vigneti più antichi, molti dei quali non ancora classificati. La collaborazione con il Dipartimento di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, guidato dal professor Francesco Sunseri, ha permesso di avviare studi genetici che documentano la ricchezza della biodiversità viticola regionale. E proprio durante Calabria Wine Expo hanno partecipato ai diversi talk in cui si è discusso de “La vite e il vino in Calabria”, moderato da Matteo Gallello con il professor Sunseri e il vignaiolo Francesco De Franco, occasione per presentare la missione e il metodo di lavoro dell’associazione.

In questo percorso di ricerca, “L’essenza del tempo” rappresenta la prosecuzione naturale di un lavoro che non può prescindere dalla scienza, ma tiene necessariamente conto della cultura materiale. E le bottiglie sono come archivi da osservare, sono piccole capsule del tempo che parlano ancora ai cultori del vino di oggi.  

di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)

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