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Miss Pacchiana, la danza delle radici tra seta e memoria

Miss Pacchiana, la danza delle radici tra seta e memoria

La serata di Miss Pacchiana 2025 ha trasformato l’Abbazia Florense in un palcoscenico di emozioni e appartenenza civile. Donne e bambine hanno indossato il Ritùartu, vestendo non solo la tradizione, ma anche la storia di San Giovanni in Fiore. Al centro, il delicato lavoro di Maria Teresa Silletta, custode delle tecniche antiche e dei segreti di un costume che racconta la comunità e il suo passato.

Ritratto di un custode di stoffe e memoria

Varcata la soglia della casa di Maria Teresa Silletta, si respira il passato. Tra l’odore tenue di stoffe antiche e lavanda, la costumista — una delle poche rimaste — lavora con cura su una gonna plissettata. In un baule giacciono capi sapientemente tramandati: gonne dai toni profondi, camicette di lino, corpetti ricamati, fazzoletti tempestati di trame fatte a mano, gioielli in oro e corallo. Quella Pacchiana non è mera stoffa: è una memoria incarnata, legata ai volti di chi l’ha vissuta e a chi continuerà a farlo.

Il sapere che teme di essere dimenticato

Un tempo, erano molte le donne esperte nel vestire la Pacchiana, ognuna con un tocco diverso, un gesto unico. Oggi Maria Teresa è quasi sola. «Realizzare il Ritùartu richiede precisione: le stoffe vanno modellate con accortezza, i colori armonizzati, le pieghe calibrate con mano esperta. E il nurura — l’acconciatura tradizionale — è un intreccio di nodi da padroneggiare con rispetto.» Tra le sue mani, un fazzoletto bianco dalle trame finemente ricamate: ogni filo è simbolo di un’occasione — festa, matrimonio, cordoglio — e i gioielli, nella loro disposizione, raccontano l’anima di chi li indossa. Il timore di Maria Teresa è tangibile: che questo sapere svanisca. Per questo immagina laboratori dove i giovani possano imparare non solo a conservare, ma a vivere il costume.

Un abbraccio collettivo sotto le stelle della Sila

Al calare della sera, il teatro all’aperto dell’Abbazia Florense si illumina di riflessi dorati e diventa il cuore pulsante di un rito che intreccia eleganza e appartenenza. L’aria è fresca e profuma di estate silana, mentre il mormorio del pubblico si trasforma in un silenzio carico di attesa. Poi, un suono di tamburi rompe l’immobilità e annuncia l’ingresso delle protagoniste.

Le partecipanti — donne, ragazze e bambine — avanzano con passo fiero, indossando gonne di seta che ondeggiano leggere e velluti dai colori profondi che catturano la luce. I gioielli, dorati e scintillanti, riflettono i fasci caldi dei riflettori, creando bagliori che danzano insieme ai movimenti delle modelle. Ogni gesto, ogni sguardo, sembra appartenere a un tempo sospeso, in cui passato e presente si stringono la mano.

Il pubblico, seduto sulle gradinate del teatro, segue con attenzione e partecipazione. C’è chi fotografa per fissare il momento, chi applaude con entusiasmo, e chi, con lo sguardo velato, lascia riaffiorare ricordi di feste lontane, quando la Pacchiana era la regina indiscussa delle ricorrenze familiari. Si percepisce un sentimento collettivo di gratitudine verso quelle radici che non invecchiano, ma anzi si rafforzano ogni volta che vengono celebrate.

Quella che si vive non è solo una sfilata: è un abbraccio corale tra generazioni, un filo invisibile che unisce le nonne che hanno tramandato l’arte del vestire, le madri che l’hanno custodita e le figlie che ora la portano con fierezza. In quell’istante, ogni spettatore riconosce qualcosa di sé, della propria terra e della propria storia, come se il battito della comunità si fondesse con quello di ogni cuore presente.

La corona e l’applauso della comunità

Quando arriva il momento della proclamazione, l’aria è carica di attesa. Sul palco, le finaliste restano fianco a fianco, i volti illuminati dai riflettori e un po’ arrossati dall’emozione. Il presentatore scandisce lentamente le parole, quasi a voler prolungare il momento.

Il nome della vincitrice di Miss Pacchiana 2025 risuona nel teatro all’aperto e viene accolto da un boato che rompe il silenzio. Applausi, fischi di gioia, qualche lacrima nei primi posti. Lei sorride, visibilmente commossa, e stringe tra le mani il bouquet di fiori freschi. Con il costume dai colori intensi e i gioielli che riflettono le luci della sera, sembra uscita da una fotografia d’altri tempi.

Mentre avanza verso il centro del palco, saluta con piccoli cenni chi la chiama per nome. Dietro di lei, le altre partecipanti non smettono di applaudire: in quella serata, la competizione lascia spazio a un senso di appartenenza e di fierezza comune.

Il pubblico si alza in piedi. Alcuni continuano a scattare foto, altri filmano con il telefono per poter rivedere, e forse rivivere, ogni secondo. La musica tradizionale riprende a suonare, i tamburi rimbombano tra le mura antiche dell’Abbazia e le gonne ondeggiano ancora, questa volta in un girotondo spontaneo che coinvolge anche chi sta dietro le quinte.

Più che una vittoria individuale, la serata si chiude come un successo collettivo: la conferma che, finché ci sarà chi indossa e tramanda il Ritùartu, la Pacchiana continuerà a essere il simbolo vivo di una comunità e il volto più autentico della Sila.

di Rosa Oliverio (info@meravigliedicalabria.it)

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