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Perfetti (s)conosciuti: c’è una storia diversa per i Bronzi di Riace?

Perfetti (s)conosciuti: c’è una storia diversa per i Bronzi di Riace?

Che cosa potrebbe cambiare nella storia dei Bronzi di Riace se le analisi scientifiche oggi dicono che il materiale di fusione proverrebbe dalla piana di Sibari e che l’assemblaggio sarebbe avvenuto nell’antica Siracusa? E se fossero stati veramente per tanto tempo nelle profondità del mare siciliano? E perché, poi, sono stati scoperti nel mare di Riace? Sono molte le domande che la comunità scientifica si pone dal 1972, anno del ritrovamento delle due statue in bronzo. Domande che hanno cercato spiegazioni sulla datazione e soprattutto sulla loro provenienza. Ora ci sono nuove evidenze raccolte nello studio pubblicato su Italian Journal of Geosciences, che sarà presentato il 12 dicembre nel teatro comunale di Ortigia durante un incontro promosso dal Comune di Siracusa e dall’Università di Catania nell’ambito delle iniziative del Ventennale Unesco.

Una ricerca corposa che coinvolge studiosi dalle università di Catania, Ferrara, Cagliari, Bari, Pavia e Reggio Calabria, coordinati da Rosolino Cirrincione insieme a Carmelo Cantaro, Stefano Columbu, Salvatore Critelli, Valeria Indelicato, Emilia Le Pera, Carmelo Monaco, Rosalba Panvini, Fabio Portella, Rosalda Punturo, Rossana Sanfilippo, Saverio Scerra, Giovanni Scicchitano, Carmela Vaccaro e Anselmo Madeddu. Il gruppo ha lavorato alla ricomposizione di informazioni emerse dai restauri con analisi geochimiche, isotopiche e tafonomiche aggiornate.

Per lungo tempo si è ritenuto che i Bronzi fossero giunti davanti a Riace a seguito dell’affondamento di una nave in transito verso Roma. Si tratta di un’ipotesi che non ha mai avuto riscontri effettivi perché nessun relitto o carico associabile alle statue è stato individuato nella zona del ritrovamento. In realtà, nello studio appena pubblicato, le patine e le incrostazioni presenti sulle superfici metalliche indicano una storia differente, che parla di una permanenza di un paio di millenni in fondali profondi tra settanta e cento metri. Quelle formazioni, quindi, non sarebbe stato possibile osservarle in acque basse come quelle di Riace (8 – 10 metri), dove le statue avrebbero sostato per un intervallo relativamente breve.

Se questo è vero, come i due colossi hanno raggiunto il punto in cui furono trovati nel 1972, se la loro storia subacquea non coincide con quel luogo?

È un interrogativo a cui lo studio collega testimonianze, diffuse attraverso diverse inchieste giornalistiche, che descrivono recuperi subacquei di natura illecita avvenuti nel Siracusano tra la fine degli anni Sessanta e i primi Settanta, con l’intervento di palombari professionisti e successivi trasferimenti verso la Calabria. Questo lascerebbe pensare che le statue siano state collocate in fondali poco profondi con l’intenzione di favorirne un recupero successivo. I ricercatori non traggono conclusioni su queste ricostruzioni, ma le considerano elementi utili a spiegare la distanza tra la “storia chimica” delle patine e il punto del ritrovamento. Ma, allora, quale percorso avrebbero seguito le statue dall’antichità fino agli anni precedenti alla scoperta?

La risposta trova una prima conferma nelle vicende storiche di Siracusa. Le fonti legate al sacco della città nel 212 a.C. raccontano la rimozione e il trasporto verso Roma di opere bronzee di grande valore. Lo studio ritiene plausibile che i Bronzi fossero caricati su una nave in partenza dalla città e che l’imbarcazione sia affondata poco dopo, nelle acque profonde a nord di Siracusa, di fronte a Brucoli, in un contesto marino coerente con le incrostazioni sviluppate sulle superfici metalliche per oltre due millenni.

Poi però c’è anche l’origine dei materiali, che apre all’ipotesi di un legame con le terre della piana di Sibari. L’analisi delle argille di fusione e dei residui metallici mostra infatti compatibilità con quella zona. Le statue potrebbero infatti essere state fuse utilizzando materiali provenienti dall’area e poi collocate nell’antica Siracusa al tempo dei Dinomenidi. Fatto che aprirebbe alla possibilità di una partecipazione dell’area magnogreca calabrese nelle prime fasi della realizzazione delle statue.

Come si definisce il collegamento con Siracusa? Lo studio lo spiega analizzando il materiale di saldatura interno alle statue, che presenta affinità con i sedimenti raccolti nella pianura alluvionale dei fiumi Anapo e Ciane. Le affinità riguardano in particolare la composizione delle argille impiegate nelle fasi di lavorazione. Le fonti storiche descrivono nel V secolo a.C. un’intensa attività monumentale sostenuta dai Dinomenidi e le analisi isotopiche del piombo impiegato nei tenoni suggeriscono che le due statue siano state montate nello stesso periodo. Lo studio attribuisce entrambe le opere al V secolo a.C. e considera verosimile una realizzazione contemporanea, in una ricostruzione che valuta la coerenza delle tecniche costruttive e la destinazione monumentale riferita dalle fonti antiche, che descrivono gruppi bronzei dedicati agli eroi siracusani.

Cosa cambierebbe per la Calabria con queste nuove ipotesi scientifiche? Nulla, perché resterà sempre il luogo del ritrovamento e della storia moderna dei Bronzi. Le analisi semmai estendono la conoscenza delle fasi più antiche, provano a dare risposte sulla produzione, l’assemblaggio e la collocazione originaria fino al viaggio che portò i due colossi nelle acque di Riace.

Come accade in ogni ambito di ricerca, il dibattito resta aperto e si confronta su interpretazioni diverse. La bellezza dei Bronzi, in fondo, sta anche nel loro segreto, che continua a suscitare domande in chi ne osserva l’assoluta perfezione. Quel 16 agosto del ’72 il giovane sub Stefano Mariottini vide prima un braccio che emergeva dal fondale. Provò spavento e si allontanò al pensiero che si trattasse di un cadavere, ma tornò poi a immergersi. Certo non poteva sapere ancora che sarebbe stato il protagonista di uno dei più straordinari ritrovamenti archeologici. Né dell’incredibile e affascinante mistero che sarebbe seguito.

di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)

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