San Fantino, il culto che unisce Venezia alla Calabria

In una pubblicazione “la chiesa di S. Fantin in Venezia” (cat. fotografico delle Chiese e delle Scuole di Venezia, Biblioteca Marciana) con le origini storiche della Chiesa e del santo, in un passo così c’è scritto: «Resta ignoto come il culto di questo Santo – compreso tra quelli più antichi e venerati dei mosaici marciani dell’atrio – sia giunto a Venezia dalla lontana Calabria: si avanza l’ipotesi che sia dovuto agli stretti rapporti commerciali tra Venezia e le saline calabresi e la conseguente presenza in città di mercanti di quei luoghi». Del resto questa è anche la tesi sostenuta da C. Candiani in “Tramontin et Alii”, e condivisa da Demus in “The Mosaics”con riferimento al commercio del sale tra la Calabria e Venezia: essi sostengono che: con la costruzione della chiesa di San Fantin alcuni cittadini di Venezia vollero onorare un Santo venerato in terre lontane, che avevano sentito lodare nei loro approdi commerciali.

A tal proposito ricordiamo a noi stessi la località dell’antico territorio di Taureana chiamata Vallis Salinarum (Valle delle Saline,oggi compresa nei territori di Palmi, Gioia Tauro, San Martino, Seminara e Melicuccà), detta pure Turma delle saline: era una delle zone più importanti della Calabria bizantina per la quantità di monasteri e di Santi Asceti che lì vivevano; essa ricorre spesso, nei bios dei santi Italogreci (“La Turma delle Saline nel tema di Calabria XI sec.”- A. Guillou), dove, lui afferma, che probabilmente in tempi antichi veniva estratto il sale dall’acqua del mare, usato, non solo per insaporire i cibi, ma soprattutto per la loro conservazione.

Questo prezioso bene veniva acquistato dai mercanti che approdavano al porto di Taureana, frequentato anche per il commercio della terracotta, della seta, dell’olio di oliva e del vino, di cui conosciamo il nome “palmaziano” apprezzato e lodato nel mondo antico, man mano che veniva crescendo il numero di coloro che lo avessero assaggiato[…] citato da Cassiodoro (nella foto, a sinistra) nelle sue epistole ad Atanasio V sec.; del resto sono note le rotte marittime percorse con frequenza crescente dalle flotte mercantili veneziane in direzione dei porti del mediterraneo. La più rilevante per la penisola italiana e quella che attraverso lo Stretto di Messina lungo la costa raggiungeva Napoli, Genova e la Spagna cfr. il Portolano “Rizo” primo portolano a stampa, pubblicato a Venezia,1490.
Le altre ipotesi
Sull’arrivo del culto di San Fantino a Venezia si avanzano anche altre ipotesi che per dovere di cronaca riportiamo:

A seguito di miracoli:
Una guida turistica delle chiese di Venezia, propone la tesi che i navigatori veneziani vollero onorare San Fantino, con la costruzione di una Chiesa a seguito di miracoli ricevuti per intercessione del Santo, infatti due miracoli postumi (13° e 19° del bios) parlano appunto di salvataggi in mare: un vescovo invia un orcio pieno d’olio al monastero calabrese intitolato al santo per essersi salvato, poiché, sballottato dalle onde proprio in vista di Taureana, lo aveva invocato; lo stesso agiografo narra come per intervento del santo scampò a un naufragio durante la traversata dalla Sicilia a Costantinopoli.
Per la memoria del Santo:
l’altra ipotesi avanzata da studiosi: a causa della quasi totale distruzione della città avvenuta il 951 circa, un cospicuo numero di cittadini Taurianesi, ormai stanchi delle continue incursioni piratesche e approfittando delle navi veneziane che colà approdavano per gli scambi commerciali, si siano imbarcati alla volta di Venezia, perché ritenuta, a quel tempo, più sicura e, ivi, vollero continuare il culto del loro Santo Protettore, concretizzatosi poi con la costruzione della Chiesa a Lui dedicata.
Il nome Fantino a Venezia

Il culto di San Fantino a Venezia era molto diffuso nell’antichità, lo testimonia la presenza di nomi Fantino e Fantina tra i veneziani; in documenti datati 1155 ricorre spesso il nome di uno tra i più ricchi mercanti veneziani, tale “Fantinus da Molino”; dal XIV secolo si moltiplicano i nomi dedicati al nostro Santo (nella foto, una statua a lui dedicata): per esempio si chiamava Fantina una delle figlie del famoso navigatore Marco Polo, ebbero il nome Fantino vari componenti della nobile famiglia Dandolo, la storica farmacia del 600” San Fantin e tanti altri fino ad oggi (in una insegna di un negozio v’era scritto legatoria Fantino Ferrari). Ancora oggi i nomi “Fantino” con la variante più diffusa “Fantini” è ancora presente in tutta Italia.
La festa
Molto suggestiva la festa del santo che si svolgeva il 24 luglio con la processione di barche tra i canali imbandierati a festa, organizzata dalla scuola degli Scaletteri di Venezia, i quali per una ragione a noi sconosciuta hanno eletto quale loro protettore San Fantino. l’Archivio di Stato di Venezia così scrive: “Arte dei scaletteri”. Scaletteri (venditori di sfogliatine dette scalette) (rif. doc.1618 – 1806).

“Scaleter” è il termine col quale si indicavano i pasticceri a Venezia. Il nome deriva da alcuni dolci che si producevano in occasioni di feste particolari o matrimoni: erano come cialde con impressi dei segni simili a gradini di una scala. La prima sede dell’Arte fu nella chiesa di S. Fantin, dove ancora oggi è custodito il loro stendardo con l’immagine di San Fantino, loro protettore. Alla fine della Repubblica erano presenti in città 59 botteghe.
Le conclusioni
La rilevante importazione a Venezia di usi, culture, arti e culti provenienti dalla antica cristianità orientale anche del sud Italia, è un fenomeno ben noto, che trova conferma nei vincoli culturali, politici e commerciali, che unirono il ducato veneziano all’impero bizantino, di cui era una provincia per molti secoli. Tale importazione segue ovviamente le rotte marittime, percorse largamente dalle flotte commerciali veneziane già a partire dal IX secolo in direzione dei porti del mediterraneo e del sud della penisola italiana come attestato dai documenti veneziani sulle relazioni commerciali tra la Repubblica di San Marco e le città dell’impero di Bisanzio nell’alto medioevo.
Ma molto più significativi sono i numerosi documenti bizantini che illustrano attraverso le concessioni imperiali a Venezia e ai suoi cittadini, la dimensione dei commerci tra la fine del sec. X e la fine del XII. Tra le clausole della crisobolla del 1082 ve ne era una che assicurava ai veneziani esenzioni doganali in tutto l’Impero, nei porti ove i funzionari bizantini riscuotevano le imposte sulla circolazione e la vendita delle merci e in cui essi potevano commerciare liberamente, tra questi vi era la provincia di Calabria, saldamente in mano bizantina, al riparo dal pericolo arabo, già incombente nella vicina Sicilia e nei mari davanti le soste del nord Africa. Tauriana era un porto commerciale ben conosciuto nell’antichità per il commercio del sale, del vino, dell’olio e delle terrecotte. Fu qui che conobbero il nome del Santo Taumaturgico che fondarono a Venezia verso la fine del sec. X la chiesa di san Fantin? (Domenico Bagalà- fine)
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