I miti di argilla, le ceramiche di Emanuel Vizzacchero

Ci sono oggetti variopinti creati con le mani, come se derivassero da un ascolto silenzioso e paziente della storia e dei miti. C’è poi qualcosa di non esattamente chiaro nel gesto che spinge a creare, a lavorare una materia neanche tanto nobile. Alla fine è semplice argilla, granuli finissimi che si accumulano per decantazione nelle acque fluviali o dei laghi. Qualcosa evidentemente si innesca nel contatto tra corpo e materia, così come quando uno scultore sfiora un blocco di marmo vergine, ma ne sa vedere la forma al suo interno. Quella materia evidentemente parla. Chi ha l’attitudine – o come si dice – il talento d’artista, lo sa a prescindere. Così, lo stesso, si cimenta chi ha l’abilità, ma non ha studiato anzitempo per affinarla. Anche da autodidatta, c’è chi ha trovato una sua dimensione creativa, ha aperto la sua bottega/laboratorio decidendo di non partire dalla Calabria, ma di restare, come ha fatto Emanuel Vizzacchero, a Le Castella di Isola Capo Rizzuto.


«Ho partecipato a un corso per hobbisti molti anni fa – racconta Emanuel – perché mi piaceva maneggiare l’argilla. Acquistare l’attrezzatura utile per aprire la mia bottega non è stato semplice, ma poi è diventata la mi attività principale. Per imparare ho fatto anche un po’ di strada: sono partito per lavorare accanto ai maestri ceramisti di Caltagirone, Vietri, Grottaglie. Ho imparato l’arte e l’ho messa da parte per creare qualcosa di mio. Ci ho sbattuto la testa, ogni giorno provavo, scomponevo e riprovavo, perché di errori ne facevo moltissimi. La testardaggine però mi ha aiutato e, solo dopo due anni di attività, il Comitato regionale per la tutela e valorizzazione dell’artigianato artistico e tradizionale, mi ha assegnato il “Contrassegno di origine e qualità” per le mie ceramiche. Sono passati quasi 15 anni; in tanti – bontà loro – mi riconoscono tra le eccellenze per quello che faccio, e anche la Regione mi ha insignito proprio quest’anno del titolo di Maestro artigiano. Ho fatto tutto da solo, partendo da zero, e quindi ho comunque motivo di essere un po’ fiero di me».



Questi, però, non sono stati gli unici riconoscimenti per Emanuel. Ha partecipato a molti concorsi nazionali rappresentando per esempio, con l’opera “Calipso”, la Camera di Commercio di Crotone e la provincia al premio Nazionale Mirabilia ArtinArt, Artigianato in Arte 2019, in occasione di Matera capitale della cultura 2019. E poi ha provato la felicità di donare un’altra delle sue opere al Vaticano, dove è esposta. Si tratta della copia di un capo di Cristo rivisitata in chiave moderna con la tecnica della maiolica.
Forse, all’inizio, Emanuel non credeva neanche che sarebbe arrivato a tanto. Quello che però ha fatto è stato cercare una sua identità. Non si trattava solo di mostrare un segno diverso nella lavorazione dell’argilla, ma di sperimentare anche tecniche nuove e assolutamente personali. Tutto suo, per esempio, è il processo di definizione del colore della smaltatura: mette insieme varie “cristalline”, miscelate secondo percentuali sconosciute a tutti, per dare alle sue ceramiche artistiche una particolare identità. È il lavoro artigianale, e ha il suo valore, perché «lavorare con la mente e le mani vuol dire, intanto, dare vita ad un pezzo di argilla, e poi significa creare pezzi unici certificati, anche oggetti di arredo e design».



Nella sua bottega “Il vicolo delle ceramiche” si trovano tanti manufatti che richiamano a quelli di un uso quotidiano, di cultura contadina, come le brocche o le “cannate” in dialetto calabrese, o ancora le “limbe”, le ciotole profonde in ceramica con l’effetto schizzo verde acqua. Ma ci sono soprattutto le sue maschere apotropaiche e le sue teste mitologiche. «La Calabria è terra dei Greci e qui – spiega Emanuel – ogni cosa che vediamo ci riporta a quelle radici. Nella mia collezione ci sono dèi e figure mitologiche come Zeus e Athena; Eolo, Circe e Medusa; Venere e Mercurio. Poi la ninfa Calipso. È a lei che mi sento particolarmente legato. Con questa opera ho rappresentato Crotone a Mirabilia ArtinArt. Un pezzo unico – spiega ancora – che rappresenta il viso di Calipso inserito tra elementi del mare come coralli, meduse, anemoni. Ha una colorazione creata nel mio modo particolare, con vari tipi di cristalline, smalti e pigmenti al selenio. Mi servivano colori e sfumature uniche che potessero ricordare il nostro mare».





Il mare, appunto, quello in cui Emanuel si immerge nel tempo che riesce a ritagliarsi. «È il mio mondo. Sono anche un pescatore subacqueo in apnea. È un’altra delle mie passioni, ma il nostro Ionio mi attira non solo per la sua bellezza così naturale. La verità è che quando vado in immersione ritrovo tutte le gradazioni dell’azzurro e del verde che cambiano d’intensità col mutare della luce. E poi c’è qualcosa di più, e non quello che possiamo immaginare come silenzio. Io percepisco un suono delle profondità, una eco lontana che mi piace immaginare provenire da terre come quelle dei miti. L’ambiente marino per me è evocativo e fonte di ispirazione». Se a Emanuel Vizzacchero chiediamo se il suo sogno lo ha raggiunto o se lo sta inseguendo ancora, lui risponde: «vorrei un giorno vedere le mie opere in gallerie importanti e quindi, ad oggi, il mio sogno non l’ho ancora raggiunto. Ma – spera con ironia – il tempo è galantuomo».
Poi c’è il senso che ogni artista dà al proprio tempo, alle opere che realizza, che non sono mai fini a sè stesse. Se volessi affidare le tue maschere al tempo – domandiamo infine – cosa vorresti che raccontassero? «Vorrei che raccontassero le nostre bellezze per sempre, che dicessero della nostra storia, delle mescolanze con altri popoli che ci hanno reso unici, del nostro essere lavoratori instancabili, a volte bizzarri, ma sognatori. Tanto da credere, essere convinti, di poter restare qui nella nostra terra, affidando alle generazioni che verranno un messaggio: che il futuro appartiene ai testardi e a chi lo sa vedere dove tutto sembra impossibile».

Di Daniela Malatacca (info@meraviglie.it)