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Monastero ortodosso di Seminara, una perla greco-cristiana in Calabria

Monastero ortodosso di Seminara, una perla greco-cristiana in Calabria

Nascosta tra il verde delle campagne di Seminara, in provincia di Reggio Calabria, vi è una piccola gemma di color mattone chiaro, una struttura che nel suo insieme rappresenta un mélange secolare e impressionante tra religione, storia e cultura. Si tratta del Monastero ortodosso dei Santi Elia da Enna, detto il Giovane, e Filarete, detto l’Ortolano. Un luogo sacro che ha radici molto antiche e che rappresenta una delle più importanti testimonianze del lascito della Magna Grecia in Calabria.

La storia del Monastero

Il moderno Monastero dei Santi Elia e Filarete, che appartiene alla Sacra Arcidiocesi Ortodossa d’Italia del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli, vede la luce agli inizi degli anni 2000 per volontà di Santo Gioffrè, cultore dell’antica eredità greco-ortodossa del suo paese natale, Seminara, il quale venne incontro alle esigenze dei nuovi ortodossi di Calabria, immigrati dell’est Europa, donando il terreno per la costruzione della chiesa. Tuttavia, la chiesa originaria affonda le sue radici in un’epoca ben più lontana. Sin dall’VIII sec. a.C. la nostra regione, così come tutto il Sud Italia, è stata parte della cosiddetta “Magna Grecia”, termine che indica la grandezza e lo splendore che le terre come la Calabria raggiunsero durante la civiltà ellenica. Col successivo avvento del Cristianesimo, è avvenuto lo sposalizio tra due mondi, quello ellenico-romano e quello cristiano, che inaugurò tra l’altro una seconda epoca di splendore per il Sud Italia: quella dell’Impero Romano d’Oriente, volgarmente conosciuto come Impero Bizantino. Quest’ultimo fu l’unico legittimo erede e continuatore della civiltà e della cultura classica ormai cristianizzata. Ciò comportò che nel Mezzogiorno questa civiltà vivesse una presenza plurisecolare, dall’VIII secolo a.C. sino alle porte dell’età moderna. Di conseguenza, si comprende che l’ortodossia cristiana è il risultato della continuità storica ininterrotta di un Cristianesimo di origine apostolica che si è andato esplicitando, organizzandosi, in diocesi, patriarcati, sotto la tutela dell’autorità imperiale romana, legittima erede della civiltà greco-romano/cristiana.

Custodi e propagatori di questa civiltà furono i monasteri italogreci, numerosissimi in tutto il Sud e anche nell’attuale Piana di Gioia Tauro, conosciuta in antichità come Valle delle Saline, dove la natura offriva il contesto ideale per la vita eremitica e monastica e fungeva da nascondiglio per i monaci che in fuga dalle minacce musulmane. Seminara fu uno dei centri più importanti di tale monachesimo, che fornì alla Chiesa importantissime testimonianze culturali. Basti pensare al monaco greco Barlaam, professore di teologia e filosofia a Costantinopoli nel XIII secolo e al suo discepolo Leonzio Pilato, maestro di greco del Petrarca e del Boccaccio che, grazie alle sue traduzioni, aprì per l’Italia e l’Europa la via della riscoperta delle lettere classiche. Circa un secolo dopo, un monaco siciliano, Elia di Enna, fondò il primo monastero in questa zona. La sua fama giunse addirittura fino alla corte imperiale di Costantinopoli, tant’è che l’imperatore Leone VI il Saggio offrì al monastero la sua diretta protezione. Dopo la morte di Elia la chiesa si ingrandì, attirando nuovi monaci, spinti dalla devozione per Sant’Elia. Nell’XI secolo, da Palermo giunse anche un giovane di nome Filippo, devoto del santo, che qui si fece monaco prendendo il nome di Filarete. In pochi anni, come Elia, si attirò la fama di santità e così, dopo la sua morte, divenne il secondo santo patrono del Monastero. L’antica struttura, purtroppo, cessò di esistere col terremoto del 1783, che pose fine alla plurisecolare civiltà greco-ortodossa della Calabria, già di per sé indebolita dai dominatori francesi e spagnoli e dalle persecuzioni della Chiesa Cattolica. L’attuale chiesa nasce nella zona in cui, secondo le fonti, sorgeva l’antico Monastero imperiale. Fu il Patriarca Ecumenico di Costantinopoli, Sua Santità Bartolomeo, a porre la prima pietra. Così, grazie ad un finanziamento concesso dall’allora provincia di Reggio Calabria e, tramite gli aiuti dei monasteri del Monte Athos e dei fedeli ortodossi di Grecia e Cipro, il 30 ottobre 2005 il cenobio, fondato undici secoli prima da Sant’Elia di Enna, riapriva, con la benedizione solenne di Gennadio Zervos, Metropolita Ortodosso d’Italia.

La struttura

Il Monastero, oltre ad essere una rara testimonianza dell’eredità religiosa e culturale lasciata dall’antichità, è anche uno splendido esempio dal punto di vista artistico e simbolico. Ci accompagna a visitarla padre Benedetto, leccese di origine ma da tre anni titolare della chiesa seminarese. La struttura, rivolta ad Oriente secondo l’antica tradizione cristiana, è a croce latina con cupola. La navata termina con un’abside, così come anche il transetto risulta absidato da entrambi i lati.

Il suo stile si rifà all’arte bizantina calabra, ricordando molto la cattolica di Stilo e il monastero di san Giovanni Theristìs di Bivongi. Al suo fianco si nota il campanile, alla cui base è stata ricavata la vasca battesimale, dal momento che il battesimo ortodosso si svolge ancora oggi attraverso la completa immersione del catecumeno. Idealmente, il tempio può essere distinto in quattro parti. In primis il nartece, che è l’ambiente che serve per alcune celebrazioni particolari e per prepararsi convenientemente all’ingresso nel luogo di culto vero e proprio.

Qui un tempo sostavano i catecumeni, quelli che ancora non erano stati battezzati, insieme ai penitenti. Per questo motivo, la decorazione di questo ambiente si differenzia rispetto al resto della chiesa. Entrando dalla porta principale, si può ammirare una scena da corte imperiale, ovvero Cristo in trono, raffigurato nelle vesti dell’Imperatore bizantino, tra i santi Elia e Filarete che intercedono per alcuni personaggi ancora in vita. Lo si intuisce dal fatto che vengono rappresentati senza aureola. Essi sono i personaggi storicamente collegati alla nuova chiesa: il Patriarca, il Vescovo, il dottore Gioffrè e altri benefattori. In basso, poi, ai lati della porta, i due Arcangeli Michele e Gabriele, custodi delle chiese, che invitano il fedele – in greco – a entrare all’interno con rispetto. Nelle pareti laterali, invece, sono raffigurati i santi che rappresentano le nazionalità che frequentano la chiesa: Grecia, Russia, Ucraina, Bulgaria e Romania. In alto, sotto il tetto, due scene legate alla storia di Seminara: San Filarete immerso nel fiume gelido in preghiera e la condanna di Barlaam come eretico a Costantinopoli. Infine, nella controfacciata, nei quattro tondi sono rappresentati i filosofi dell’Antica Grecia: Omero, Socrate, Aristotele e Platone, sia per indicare la continuità con la Grecia Antica, ma soprattutto perché essi preannunciarono in maniera profetica la venuta di Cristo.

La sala delle celebrazioni e la “Porta per il Paradiso”

Il secondo ambiente è costituito dalla navata dove prendono posto i fedeli. Solitamente, i fedeli ortodossi restano in piedi per tutta la durata delle celebrazioni, ma per chi ne ha bisogno sono disposti dei posti a sedere lungo il perimetro. La particolarità di questa sala sono i santi rappresentati, i cosiddetti Santi Italogreci: si tratta di uomini e donne della Calabria e del Sud Italia che vissero e si santificarono secondo la fede ortodossa e che sono venerati sia dagli Ortodossi, sia dai Cattolici. Tra loro, Elia e Filarete, Nilo da Rossano, Fantino il Cavallaro, Nicodemo di Mammola, Bartolomeo di Simeri, Giovanni Theristis, Fantino il Nuovo, Elia lo Speleota, Cipriano di Calamizzi, Leone di Africo, Giuseppe e Metodio di Siracusa. Al vertice della chiesa, nella cupola, il Cristo Pantocratore circondato dai profeti. Egli, in quanto Dio, è il solo Santo per gli ortodossi, la fonte della vita e della santità, per cui gli altri santi sono tali in quanto vissero e vivono in comunione con lui. Oltre a Cristo, sono raffigurate le scene più importanti del Nuovo Testamento, ovvero la Natività, la Trasfigurazione, la Crocifissione e la Resurrezione, mentre sulla controfacciata è rappresentata la Dormizione della Vergine. La parte più sacra della chiesa, indubbiamente, è quella del presbiterio o santuario, e lo si capisce anche dall’emozione che prova Padre Benedetto nel raccontarcela. L’area è separata dalla restante chiesa dall’iconostasi, un’alta parete di legno, che corrisponde alla balaustra delle chiese cattoliche.

Il santuario, così lo descrive Benedetto, è il luogo per eccellenza della presenza di Dio e l’altare custodisce la Parola di Dio e la Santa Eucarestia. Nella parte più interna è rappresentata la Madre di Dio, «colei che è più ampia dei cieli», poiché nel suo ventre Dio si è fatto carne. Intorno ad essa sono rappresentati i Santi vescovi della Chiesa, come Basilio e Giovanni Crisostomo. La porta centrale, chiamata “Porta Bella”, è aperta solamente durante le celebrazioni per ricordare che ogni chiesa è già il Paradiso sulla terra quando i fedeli si riuniscono per pregare Dio e celebrare il Santo Sacrificio della Messa. Essa, nella quale accede solo il sacerdote rivestito dei paramenti sacri, è un concentrato di simboli: è rivolta infatti a est, dove il Paradiso fu posto, dove c’è Gerusalemme, con il Santo Sepolcro vuoto, e dove per gli ortodossi Cristo tornerà a giudicare il mondo. Per tutte queste ragioni, il sacerdote, insieme ai fedeli, prega rivolto a Oriente. Per concludere, si tratta di un Monastero speciale, l’unico nel suo genere nell’intera Piana di Gioia Tauro, che costituisce, da una parte, un luogo di incontro e di fede per i cristiani ortodossi che dimorano in Calabria e in generale nel Meridione e, dall’altra, un’occasione di riscoperta delle profonde radici spirituali e culturali di questa terra per i tanti visitatori locali e stranieri.

di Antonino Casadonte (info@meravigliedicalabria.it)

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