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Stellario Baccellieri, gli attimi di una vita splendente destinata a svanire

Stellario Baccellieri, gli attimi di una vita splendente destinata a svanire

La prima cosa che viene in mente sono i suoi quadri dipinti nello storico Caffè Greco di Roma. Qui rubava l’attimo, la poesia degli istanti di vita di tanti sconosciuti avventori. Tutto accadeva prima che arrivasse la decadenza di un consumismo modaiolo e maleducato che avrebbe fatto a spintoni davanti al banco e reso caotica la fila per un posto a sedere. Eppure Stellario Baccellieri, l’artista calabrese che ieri è scomparso all’età di 75 anni nella sua Reggio Calabria, in quel posto aveva lavorato più di mezza vita.

Quel Caffè fu il suo primo porto sicuro quando arrivò a Roma e non sapeva ancora dove andare. Poco più che ventenne – era la metà degli anni 70 – Stellario una cosa la sapeva, veramente: che Reggio era troppo a Sud di ogni cosa, dai luoghi dove le culture si incontravano, dagli spazi in cui nascevano opportunità, lontana dalla dimensione in cui il proprio orizzonte avrebbe voluto invece dilatarsi. Stellario per questo fece una scelta precisa, com’era nelle corde di un artista indipendente. Preferì, all’epoca, prendere le distanze dal contesto conformista della piccola città di provincia, dove non era facile comprendere fino in fondo cosa fosse un artista – per di più così indomito – che non aveva mai tollerato la mediocrità.

Nella Capitale, e nel Caffè di via Condotti, trovò un cenacolo di intellettuali frequentato da qualche secolo. Qui, con i suoi pennelli, ritraeva quel microcosmo accogliente di sedute di velluto rosso, di piccoli tavoli col piano in marmo antico, di cimeli che restituivano un piccolissimo pezzo di storia di una Roma vitaiola. E le persone. Le dipingeva in quel teatro che si trasformava ad ogni aprire e chiudere la porta, al loro arrivo, nei loro gesti quotidiani e nei momenti di incontro, in un periodo particolarmente fertile per la cultura italiana. Ecco l’opportunità, la sua fortuna artistica che lo ha portato a ragionare, condividere pensieri sull’arte e sul suo tempo con Renato Guttuso, Giorgio De Chirico, e con le donne del cinema e del teatro come Linda Christian, Gina Lollobrigida e Valentina Cortese.

Stellario Baccellieri restò tra quei tavolini, travolto dal fascino di vite in movimento, quelle che, come lui stesso raccontava, forse gli avevano insegnato più di tanti libri. Da lì, diceva, era passata tutta l’umanità, di qualsiasi genere, ma che ancora conservava il fascino della buona educazione.

I giri culturali più influenti di quegli anni, che profumavano ancora molto della “dolce vita”, divennero parte del suo mondo, mentre viaggiava, curioso di scoperte e nuove ispirazioni come quelle raccolte, ad esempio, al Caffè Florian di Venezia.

Stellario fermava gli attimi di una vita splendente destinata a svanire. Tuttavia, non riuscì mai a staccarsi del tutto da Reggio, vissuta tra fughe e ritorni costanti, un po’ com’erano le sue pennellate brevi sulla tela, colore, luce, movimento, tenaci e fragili al contempo. Questo si legge nei suoi paesaggi dai toni così vividi, nella natura così prepotente, nel mare così presente, nelle donne così forti, nei mercati così chiassosi, nella festa di Madonna, che così, a ogni settembre “Cu terremoti, cu guèrri e cu paci, sta festa si fici, sta festa si faci!”

Un uomo come Stellario poteva solo essere ironico, pungente, disincantato e per questo schietto, senza filtri, elevato da un racconto consapevole della realtà che, da oggi, meriterebbe di essere ricordato con la stessa sua sincerità.

di Daniela Malatacca (info@meravigliedicalabria.it)

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